Quello che esce prepotentemente dalle pagine del libro, la cui lettura è davvero entusiasmante e coinvolgente, è lo spirito con il quale agiscono e vivono i personaggi della scena musicale qui descritta. E non solo i protagonisti (Alan McGee: “Se vuoi gestire un artista devi farti rispettare. E per farti rispettare devi essere più star di lui”) ma anche i comprimari: gli addetti stampa, i road manager, i gestori del locali. Certo, le dimensioni dell’etichetta indipendente hanno facilitato la partecipazione di tutti al progetto comune; ma senza la convinzione e l’eccitazione costante della “creazione” – e in questo senso il nome dell’etichetta è rivelatorio, benché sia in partenza l’omaggio a un oscuro gruppo mod britannico dei Sixties – non sarebbero arrivati gli stessi risultati.
Tradotto più che decorosamente (una sola gaffe a pag. 50: “Ascoltavo John Peel su Medium Wave...”: ma non è un’emittente radiofonica, sono semplicemente le onde medie), il libro è un affascinante sguardo gettato dietro le quinte dell’industria musicale britannica, fitto di nomi, di episodi, di rivelazioni, di retroscena, di dettagli personali su musicisti, gruppi, figure significative del brit rock e non solo. Ma è, lo ripetiamo, soprattutto una lezione di vita: forse non da imitare, ma dalla quale imparare.