Bruno Di Marino - CLIP. 20 ANNI DI MUSICA IN VIDEO (1981-2001) - la recensione

Recensione del 09 ott 2001

Il videoclip. Amato dal pubblico più giovane. Odiato dagli appassionati musicali vecchio stile. Sfruttato dalla case discografiche come panacea dei mali promozionali della musica in TV. Guardato con diffidenza dalla maggior parte degli artisti. Straprogrammato dalle televisioni musicali. E poco studiato da critici e accademici.

Il clip, un oggetto controverso, insomma. Sicuramente uno dei maggiori simboli dei cambiamenti della musica negli ultimi 20 anni.
Il libro di Di Marino è uno dei pochi pubblicati in Italia su un argomento largamente snobbato anche all’estero. Il sociologo Simon Frith scrisse che il videoclip era stato fonte di “nonsense erudito” e poco più. Gli studi anglosassoni davvero interessanti si contano sulle dita di una mano.
De Marino, nelle sue pagine, parte dal dilemma epocale che ha segnato ogni riflessione: il clip è arte o pubblicità? Il resto della trattazione è decisamente orientato verso il primo polo. “L’obiettivo principale che ci si prefigge è (…) quello di tracciare, se non proprio una teoria del clip, quanto meno una serie di linee analitiche attraverso la lettura di alcune opere significative nell’ambito del pop e del rock, in vista di una, seppur provvisoria, classificazione di opere e tendenze”, scrive l’autore.
Infatti il libro ha il pregio maggiore proprio nella dettagliata ed informata rassegna di videoclip, classificati per genere e scelti tra i più significativi degli ultimi venti anni (MTV nasce nell’81, non va dimenticato). Il taglio è quello dell’analisi estetica, della ricostruzione dell’immaginario creato dal clip attraverso le sue migliori opere. Di Marino inserisce le analisi in uno sfondo teorico informato e basato sulle più affermate interpretazioni del fenomeno. Ma appunto, questo libro non è una teoria del clip, e il limite maggiore è la mancanza di sistematicità con cui i vari argomenti vengono affrontati. Il discorso è ben argomentato e consequenziale da un punto all’altro. Ma a parte il primo capitolo (dedicato giustamente alle origini), in alcuni momenti non è facile comprendere la sequenza degli argomenti. Insomma, un indice un po’ più strutturato (anche editorialmente: quello a fine libro riporta solo i titoli dei quattro capitoli, e non i titoli dei sottoparagrafi), avrebbe decisamente migliorato l’edizione. Ottima l’idea di inserire nelle pagine le schermate dei video citati, così come quella di chiudere il volume con una serie di 50 schede dettagliate (curate da Lara Nicoli) sui più clip importanti.

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