“Never mind Nirvana – a novel” è un romanzo, come specifica il sottotitolo: precisazione utile, perché il titolo e la copertina (parodia di quella del celeberrimo album di Cobain e soci) potrebbero trarre in inganno. Un romanzo su Seattle, sulla sua scena musicale e sui suoi cambiamenti, letti attraverso la storia di un processo che coinvolge un vecchio rocker accusato di stupro e un ex cantante diventato avvocato che si trova a gestire il caso e si confronta così con il suo passato.
Raccontando una storia a metà tra un legal thriller e un romanzo di Nick Hornby, Lindquist (di cui in Italia è stato tradotto solo l’esordio con il titolo “Film tristi”, pubblicato nel 1993 da Pironti) coglie l’occasione per far riflettere sulle storie, sulle contraddizioni e sull’evoluzione della città protagonista del rock americano dei primi anni ’90. Ne viene tratteggiata un’immagine ironica (“Pearl Jam o Nirvana?” è una delle domande esistenziali), ma anche impietosa. Seattle viene descritta come una città che si è trovata al centro del mondo per qualche tempo, ma che poi non ha saputo crescere ed è rimasta ancorata al passato. Un’immagine ricca di dettagli e nomi veri: dal Crocodile Café, locale storico gestito dalla moglie di Peter Buck dei R.E.M. – citato nei ringraziamenti e nel romanzo - ai maggiori musicisti di allora e di oggi. Solo i protagonisti sono fittizi, ma non troppo: l’avvocato Pete Tyler è probabilmente l’alter ego dell’autore, visto che, anche lui nella vita fa lo stesso mestiere.
Un libro divertente, solo un po’ freddo a causa della narrazione in terza persona, ma consigliato agli appassionati di quella che è stata una delle più importanti stagioni della musica rock degli ultimi anni. Info su www.marklindquist.net.