Lucio Mazzi - DISCO STORY - la recensione
Recensione del 14 mag 2000
Un libro che non c’era, almeno in Italia: una specie di piccola enciclopedia della musica dance, genere vituperatissimo ma assai gradito, diffuso e (soprattutto) ballato. Ricordiamo solo un paio di tentativi in questo senso: l’ormai introvabile “Disco music” di Baroni & Ticozzi (Arcana, 1979) e il più recente, gradevolissimo saggio “Discoinferno” di Antonelli & De Luca (Theoria, 1995). Attingendo, dove serviva, da questi precedenti e da una più vasta bibliografia anglosassone, e aiutandosi con Internet, il giornalista bolognese - già autore di altri libri di argomento musicale - compila un utile manuale ad uso soprattutto dei non specialisti: come è evidente dal tono divulgativo dei primi capitoli, in cui ripercorre storia, modalità, fenomeni e linee di tendenza del fenomeno.
Più interessante, e più originale, la seconda parte del volume: un elenco alfabetico dei protagonisti (musicisti, cantanti, gruppi e gruppi-fantasma) che hanno in qualche maniera ottenuto un posto nella piccola storia del genere. Si ritrovano così nomi di grande notorietà, ma soprattutto - e con più divertimento - nomi scomparsi, dimenticati o quasi, che hanno vissuto solo un quarto d’ora di celebrità sulle piste da ballo, spesso grazie a un solo singolo di successo: come Andrea True Connection (“More more more”), le Baccara (“Yes sir I can boogie”), Jimmy Castor Bunch (“King Kong”), Rick Dees & His Cast of Idiots (“Disco Duck”), e via elencando fino alla Michael Zager Band dell’epocale “Let’s all chant”. Qualche svista tipografica (Bella Epoque anziché Belle Epoque), qualche lapsus (“Don’t let me be misunderstood” attribuita, nella scheda di Leroy Gomez e Santa Esmeralda, ai Doors anziché agli Animals) e qualche (inevitabile) omissione sono del tutto perdonabili, e il libro merita un posto sullo scaffale. E' in vendita solo via Internet, all'indirizzo www.luciomazzi.com