Diego Giachetti - SIAMO SOLO NOI - la recensione

Recensione del 25 lug 1999

Lontano dagli instant-book, o dai reportage fotografici modello blasco-bandana-occhiali da sole, arriva in libreria questo volumetto scritto da uno che conosce la politica e la società almeno quanto conosce Vasco, se non di più. Si chiama Diego Giachetti e con “Siamo solo noi” ci offre una ricostruzione e un’interpretazione del fenomeno Vasco accurata e intelligente, soprattutto perché infarcita di elementi per così dire inediti rispetto a ciò che di Vasco è rinomato. Partito da una domanda semplice e fondamentale come “Perché Vasco è Vasco?”, l’autore ripercorre gli anni della formazione del futuro rocker di Zocca, la Bologna degli anni ’70, la nascita della contestazione giovanile e dei movimenti politici, il trauma del femminismo e la voglia di godere, divertirsi e scrivere canzoni che comunque sovrastava tutto questo. Da timido e imbranato ragazzo di Zocca a DJ su Punto Radio, da innamorato ‘rovinato’ di una femminista a simbolo dell’uomo-marpione, dal profeta della generazione di sconvolti al padre di famiglia: Vasco Rossi ha vissuto sulla propria pelle queste esperienze e i relativi cambiamenti, rimanendo sempre credibile. E questo in fondo è sempre stato il segreto del suo successo e del vincolo che lo lega al suo pubblico: lungi dal legarsi a qualsiasi carro musicale o culturale, Vasco – parafrasando il titolo del suo album – ha sempre cantato anzitutto per sé, parlato per sé e ragionato per sé, ‘facendo’ cultura senza predicare o giudicare. I proclami di Vasco, i suoi slogan, i momenti di ribellione o di perplessità, hanno sempre avuto a che fare con l’uomo prima ancora che con il personaggio, e per questo rimangono estremamente attuali nonostante lo scorrere del tempo. E forse è proprio questo il tratto che più lo accomuna, al di là della forma e delle modalità, ad un’altra grande icona rock quale è Bruce Springsteen: nei testi di entrambi si avverte lo scorrere del tempo, il passare degli anni anzitutto per loro. Ci sono cose che si possono scrivere soltanto quando le si vive, o le si è vissute, in prima persona: e i testi di “Human touch” e “Lucky town” non possono essere gli stessi di “Born to run” così come il Vasco di “Canzoni per me” non può più essere quello di “Vado al massimo”. Vivere in prima persona, anzitutto e al di là di tutto: è per questo che Vasco è Vasco.

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