Paolo Vites (a cura di) - THE VERVE - UNA SINFONIA DOLCE AMARA - la recensione
Recensione del 15 apr 1999
Richard Ashcroft, voce, chitarra, testi e carisma, e Nick McCabe, wall of sound e carisma di valenza opposta a quello di Ashcroft, sono da sempre le due metà di quella mela lisergica che risponde al nome di Verve. Sono loro che hanno già portato due volte allo scioglimento del gruppo, l’ultima delle quali - recente - non è ancora stata ufficializzata ma è nell’aria da tempo. È un destino grottesco quello che porta un gruppo a sciogliersi nel suo momento di maggior successo commerciale, quando singoli come "Bitter sweet symphony" e "The drugs don’t work" avevano aizzato un folto pubblico alla ricerca dei loro dischi. Tant’è, a volte le cose vanno via così. Il libro curato da Paolo Vites si ripropone, in attesa di ulteriori sviluppi, di tracciare la storia del gruppo allo stato dell’arte, ricorrendo al consueto uso - a mo’ di collage - di interviste e dichiarazioni tratte dalla stampa straniera e da un paio di incontri ravvicinati con Chris Potter, il fonico di "Urban Hymns". Una breve cronologia del gruppo, una discografia completa e qualche testo tradotto completano l’opera, insieme alle considerazioni appassionate del curatore, che non ha dubbi nel valutare la portata storica dei Verve: «A buona ragione i Verve si possono definire il più importante gruppo rock inglese degli anni Novanta. I Verve sono per il rock inglese degli anni Novanta quello che i Beatles e i Rolling Stones sono stati negli anni Sessanta, i Led Zeppelin negli anni Settanta, gli U2 (...) negli anni Ottanta», dice Vites, provvedendo a smontare rapidamente Oasis e Radiohead. Esagerazione? Eccesso di zelo classificatorio alla Nick Hornby? Il dibattito è aperto.