Autori Vari - MINA - UNA FORZA INCANTATRICE - la recensione

Recensione del 11 feb 1999

«Se ripenso a quegli anni, al momento in cui si stava formando il mio gusto musicale ma anche in cui era in corso una trasformazione di vastissimo respiro nell’industria della musica, quella che ascolto nel ricordo è la contrapposizione fra una musica pre-discografica, che ovviamente veniva anche registrata ma che sembrava concepita per altro ("Aprite le finestre", "Casetta in Canada", "Piccolissima serenata"), e una musica che si incarnava nel disco così come una sceneggiatura, una fotografia, un cast, un regista si incarna in un film e non nel copione di un varietà. E penso a "Diana" di Paul anka, a "Smoke gets in your eyes" dei Platters, a "Il nostro concerto" di Umberto Bindi e a "Tintarella di luna" di Mina. Il mio orecchio di allora distingueva quasi infallibilmente un atteggiamento nuovo, che non era nuovo solo nella presunta spregiudicatezza dei testi: lo era nei confronti del suono e della comunicazione attraverso il suono. Non molto diversamente, forse, da come un adolescente di oggi è capace di cogliere al volo la differenza tra un sito web autenticamente ipertestuale e multimediale e uno che raccoglie burocraticamente qualche kilobyte di testi scritti». Lo scrive Franco Fabbri, componente degli Stormy Six e parallelamente affermato musicologo, uno dei 14 autori coinvolti nella scrittura di questo libro dedicato alla disamina - e in qualche modo alla spiegazione - della ‘specialità’ di Mina. Di libri sulla ‘tigre di Cremona’ ne sono usciti già - anche se non troppi - ma spesso raccontano al straordinaria carriera dell’artista e le vicissitudini della donna attraverso lo sguardo accurato e sognante di qualche fan. Qui invece l’analisi e il lavoro si fanno quasi da studiosi, gettandosi in quell’impopolare lavoro che impone di dare scientificità e rigore ad una materia - la musica leggera - che proprio di queste caratteristiche sembra essersi fatta sempre beffe. Vero è che il pianeta Mina si può affrontare con lo stesso spirito con cui ci si avventura al centro della foresta amazzonica, con la certezza quasi matematica di non venire a capo di nulla, limitandosi a stupire per qualcosa che - appena intravisto - rimanda alla grandezza e alla complessità del tutto. Spiegare Mina è come spiegare Mozart, è cercare di dare un senso ad una naturalità che rimane comunque avvolta nel mistero: ciò nonostante alcuni spunti di riflessione presi in esame dal libro offrono pagine suggestive e appassionate verso l’arte di questa grande interprete. Così come il passo citato sopra, che pone Mina come la prima cantante ‘da disco’ della nostra storia musicale, il condensato e l’anticipatrice di un modulo che non ci ha ancora abbandonato (in attesa della pura virtualità...). Così come i ricordi di Giovanna Marini, così come il saggio di Luigi Pestalozza "Un’alternativa vocale degli anni Sessanta", che mette egregiamente in luce l’unicità di Mina e il suo ‘antagonismo’ naturale nei confronti della musica proposta dall’establishment. O ancora il percorso tracciato da Mario De Luigi su "Quartant’anni di dischi" così come le parti dedicate alla sua teatralità o alla presenza televisiva. Un libro da consigliare a quanti - di Mina - non si accontentano della musica e della voce, ma vogliono andare oltre: studiosi, dove siete?


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