Brian Hinton - JONI MITCHELL - LA SIGNORA DEL CANYON - la recensione
Recensione del 22 dic 1998
Caposcuola ancora oggi per intere generazioni di cantautrici, Joni Mitchell (7 novembre 1943, Fort MacLeod, Alberta, Canada) ha avuto una vita decisamente avventurosa: ha vissuto e amato pericolosamente ma soprattutto appassionatamente, tanto la musica che gli uomini, costituendo per molti versi prototipo dell’artista che si muove con disinvoltura e curiosità in quello che allora era un mondo popolato essenzialmente da uomini. Sono gli anni ’60 e ’70 quelli in cui Joni rispettivamente matura le proprie prime esperienze musicali e assiste al decollo in verticale della sua carriera, in cui intrattiene relazioni sentimentali con musicisti come Graham Nash, David Crosby e James Taylor, in cui firma canzoni le cui musiche e testi costituiranno paradigmi imprescindibili per quanti vorranno cimentarsi con la scrittura da quel momento in poi. Gli anni ’80 trascorrono all’insegna della svolta jazz, vedono il sorriso aperto e caldo della signora del canyon trasformarsi in una posa leggermente più altezzosa e altera, mentre cambiano i compagni musicisti al suo fianco (Larry Klein tra tutti). Negli anni ’90 si torna a casa, con album ("Night ride home", "Turbulent indigo", "Taming the tiger") che ne ripropongono la scrittura in veste semplice e sofisticata al tempo stesso, ma ormai decisamente stabile negli orientamenti artistici. Di tutto ciò il bel libro di Brian Hinton riporta tanto le svolte artistiche che gli accadimenti personali, stando ben attento a sottolineare quella natura tutta femminile che ha pervaso l’opera e la vita di Joni Mitchell: erano anni in cui il ‘girl power’ era diversamente inteso da quello lanciato in orbita da cinque ragazzette inglesi, e Joni, la cantautrice signora, era persona in grado di accendere passioni e innescare inquietudini in chiunque avesse intorno.