Erano dieci anni che Marisa Monte non incideva un lavoro solista (l'ultimo era “O Que Você Quer Saber De Verdad” del 2011), ma torna ora con il ricchissimo - 16 canzoni - “Portas”, caratterizzato da una lavorazione travagliata e da un messaggio ben preciso che ci siamo fatti raccontare direttamente da lei.
L'attesa produttiva e la complessa genesi
Questi dieci anni però non sono stata improduttivi, tutt'altro. «Ho fatto un lungo tour solista di due anni che è poi diventato un disco ao vivo, poi nel 2015 a New York ho fatto un paio di concerti con Arto Lindsay e Ryuichi Sakamoto per un progetto chiamato Samba Noise, poi un tour di trenta date con il mitico chitarrista Paolinho Da Viola che però non sono diventati un prodotto discografico» racconta Marisa Monte in un ottimo italiano “E poi disco e tour del progetto Tribalistas (supergruppo creato con Arnaldo Antunes e Carlinhos Brown) e una serie di raccolte di collaborazioni. Insomma, non sono stata con le mani in mano, non ci riesco».
Nel frattempo scriveva canzoni – dodici di questo disco sono state composte durante gli anni dieci – per poi entrare in studio e registrare. «Volevo che fosse un disco molto suonato dal vivo in studio con tanti musicisti. Avevamo previsto di registrare a New York e Rio tra aprile e maggio 2020. Poi purtroppo la pandemia ha cambiato tutto». Come è successo per molti altri progetti in quest'ultimo anno e mezzo molti programmi sono saltati, anche se la tecnologia ha dato una mano. «Certo, non potevamo suonare dal vivo insieme in remoto, perché c'è sempre un delay, ma io mandavo la mia parte a New York, a Lisbona, a Los Angeles o a Madrid e potevo vedere i musicisti suonare e lavorarci insieme dal vivo » racconta ancora un'entusiasta Marisa Monte in collegamento Zoom «Ironicamente questo è stato il disco che ho fatto con più collaborazioni internazionali senza uscire da Rio. Alla fine è stata un'esperienza magnifica».
Empatia e ottimismo
“Portas” è un disco pieno di speranza, empatia e ottimismo in cui si racconta che l'umanità non solo resisterà, ma progredirà. «Sono ben consapevole del dramma che sta attraversando il Brasile e il mondo intero, e se paragoniamo la situazione a 4-5 anni fa è molto dura. Ma se ci confrontiamo con cinquant'anni fa è molto meglio: c'è il progresso scientifico, la situazione femminile è migliorata, siamo tutti più consapevoli, evoluti e inclusivi nei confronti delle minoranze. Dobbiamo fare di più, ma siamo più evoluti. Questo è il momento giusto per affermare i valori legati alla natura, alla comunione, alla scienza e all'arte, per contrastare il negativismo» dice la cantante brasiliana «La musica deve elaborare il dolore, unire cuore e mente, nella certezza di un futuro migliore, ed è per questo che “Portas” è un disco pieno di ottimismo»
Le canzoni
Marisa Monte in questo suo primo disco per Sony usa metafore ispirate al mondo della natura per supportare la sua visione della nostra redenzione, e le incornicia in un'incantevole tavolozza musicale che attraversa MPB, rock, samba, jazz, bossa, pop e R&B. Al resto ci pensa la sua voce dolce e ariosa e con un uso maestrale di archi e fiati arrangiati rispettivamente da Arthur Verocai e Antonio Neves. "Portas" simbolizza le scelte, le opzioni e i cambiamenti che ci troviamo ad affrontare «La canzone suggerisce di lasciare sempre aperte queste porte, sia dal punto di mentale sia emozionale».
Le prime due canzoni (la title track e il singolo “Calma”) sono co-prodotte da Arto Lindsay «Era da tanto tempo che non registravamo un disco insieme e sebbene lui fosse a New York con la sua fantastica band (tra cui Kassa Overall alla batteria, il bassista Melvin Gibbs e il trombettista Michael Leonhart) è stato divertentissimo lavorare con lui, che è un grande amico fraterno» ci racconta la Monte che nel singolo "Calma" canta "Sto già scappando dalla notte / Non ho paura del buio/ So che l'alba sta arrivando".
"A Lingua Dos Animas" scritta con Antunes e Dadi Carvalho, inizia come una canzone pop romantico per poi trasformarsi rapidamente in un tipico pezzo ritmato MPB, “Vagalumes” è un fado acustico e sensuale, mentre “Fazendo Cena” è un tipica composizione che ci fa amare tanto Marisa Monte, un valzer che poi si evolve in un pezzo rock per poi rientrare nel tempo dei ¾.
Ogni canzone rappresenta un quadretto elegante e pacato impreziosito dalla sua voce dal timbro inconfondibile; ogni pezzo ha come principale obiettivo quello di accetta la malattia, il disastro e il dolore come innegabili, la sua risposta poetica e appassionata è di speranza militante. Si chiude in bellezza con “Pra Mehlorar” in collaborazione con Seu Jorge e la figlia Flor in cui affrontano l'oscurità con il sole che sorge, affermando che i nostri cuori saranno più forti, più tolleranti e più amorevoli di prima. Con queste canzoni è bello crederci.