Il nuovo album di Claudio Baglioni (leggi qui la nostra intervista), il sedicesimo realizzato in studio, a sette anni da “ConVoi”, è un viaggio nel tempo. Non è l’apoteosi di un suono passato, ma è mosso dal desiderio di ritrovare vitalità ed energia riconoscibili nella timbrica che va dagli anni Sessanta fino a fine anni Settanta. C’è contemporaneità, ma allo stesso tempo se ne percepiscono le radici e i rimandi storici. È una nostalgia sana, non polverosa, quella cullata dal cantautore romano. Chi lo ama, apprezzerà senza riserve questo capitolo della sua carriera proprio perché fortemente legato, per tematiche e suoni, al “Baglioni di sempre”, quello capace di cantare l’amore a più generazioni scandagliandolo, in questo caso, in 78 minuti.
Un album in costume d’epoca
“È un disco di oggi, in costume d’epoca. Tutto suonato come si faceva una volta”, ha spiegato lo stesso artista. Lo è non solo per il vestito che ricopre le canzoni, ma anche per i temi, come anticipato: Baglioni ambienta i brani in un tempo che fu, mischiando storie personali e frammenti di vita altrui. Gli arrangiamenti, curati da Paolo Gianolio e Celso Valli, oltre ai contributi di Gavin Harrison e Danilo Rea, spaziano da sezioni orchestrali, a momenti più rock e pop fino agli interludi di solo piano e voce, tratteggiando atmosfere diverse, con la chitarra acustica a fare spesso da elemento unificante.
Proprio la dimensione della chitarra acustica è uno dei tratti distintivi del progetto che sembra rievocare, come ammesso dallo stesso Baglioni, i primi lavori della sua carriera. Questo non vuol dire, però, che non ci siano esempi dal sound più elettronico che, pur dal sapore evidentemente retrò, è presente nei synth e nella ritmica di brani come “Quello che sarà di noi”.
Il progetto è composto da 14 canzoni, 1 ouverture, 4 interludi piano e voce, 1 finale.
“Gli interludi sono delle soste, come una piazzetta dopo una lunga strada”, ha spiegato l’artista. Il lavoro, nella sua complessità, disegna la parabola dell’amore, sia personale che universale, riflettendo sul modo con cui questa forza travolge le nostre esistenze. Baglioni in questo è uno specialista: danza con la canzone d’amore e sentimentale tradizionale ormai da cinquant’anni. “Pioggia blu” e “Mal d’amore” ne sono due esempi lampanti. Non mancano anche momenti più carnali, trattati sempre con delicatezza. “Io non sono qui”, sul fronte musicale, è uno dei brani che maggiormente fotografa il disco: chitarra acustica a fare da colonna portante, piano e parte elettrica a inspessire il percorso tracciato. Il video della canzone è stato curato dall’amico regista Duccio Forzano, al fianco di Baglioni anche nella doppia esperienza sanremese.
La canzone d’ascoltare: “Gli anni più belli”
Un brano perfetto per raccontare la musica e la capacità di cristallizzare i sentimenti di Baglioni. Il pezzo fa anche da colonna sonora all’omonimo film firmato da Gabriele Muccino.
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