Enigmatico cantautore e pianista londinese, Bill Fay approda nel 1967 alla Decca mettendo tre anni tra il primo 45 giri e un LP d’esordio omonimo sulla scia di Donovan e Nick Drake, valido ma non così tanto da far presagire il clamoroso TIME OF THE LAST PERSECUTION.
Di ispirazione biblica, con il libro di Daniele e l’Apocalisse come fonti, le sue canzoni proiettano negli anni ‘70 del progressive un folk-rock di chiara derivazione dylaniana in cui una serenità comunque piuttosto relativa viene increspata – quando non addirittura scossa – dagli interventi free della chitarra di Ray Russell e del batterista Alan Rushton.
Corredate di testi spesso incentrati su tematiche sociopolitiche che dipingono un avvenire oscuro e affrontano una lucida disperazione, visionari splendori come la traccia omonima, "’Til The Christ Come Back" e "Pictures Of Adolf Again" vengono ignorati e il disco non vende. Quando l’etichetta straccia il contratto, Fay farà perdere le tracce e troverà un posto da impiegato, pur senza smettere di scrivere e suonare. Negli anni 2000, lo spirito affine David Tibet e i discepoli Jim O’Rourke e Wilco lo riporteranno in auge e sulle scene, mettendone in evidenza l’estrema attualità; particolarmente significativo LIFE IS PEOPLE, del 2012.
Il testo qui sopra riprodotto è tratto, per gentile concessione dell'editore e degli autori, dal volume "Rock: 1000 dischi fondamentali. Più 100 dischi di culto” , curato da Eddy Cilia e Federico Guglielmi (con Carlo Bordone e Giancarlo Turra) , edito da Giunti nel 2019. Il libro è acquistabile qui.