Pino strikes back

Nuovo lavoro solista per l'ex frontman dei Vanadium: fra hard, blues e heavy

Recensione del 27 mar 2020 a cura di Andrea Valentini

Voto 6/10

Ennesimo (undicesimo – che fa anche rima – per la precisione fra album regolari, raccolte e live) disco per Pino Scotto in versione solista.

Di Scotto si può dire tutto e il contrario di tutto, a seconda se lo si ama – e lo si prende per ciò che è – o se lo si considera solo un personaggio esageratamente macchiettistico e sopra le righe. L’unica cosa, nel bene e nel male, che non si può negare a Pino è la passione totale per il rock, al netto delle sue sparate e delle esagerazioni (lo slogan “datevi fuoco” docet, ma non solo).

E questo “Dog Eat Dog” è – ancora, nel bene e nel male – lo specchio di tutto ciò. Un disco rock con venature hard & heavy, con aromi blues e Seventies, filtrati attraverso gli anni Ottanta. Niente di nuovo sul fronte occidentale… proprio niente. Ma se amate cullarvi in sonorità molto famigliari e ben note, che assimilano e ripetono la lezione dei maestri – dai Deep Purple ai Rainbow a Ozzy, passando per i Guns N’ Roses (ascoltate il terzo brano: una ballad con echi di “November Rain”) e molto American metal/AOR degli Eighties – qui troverete una manciata di pezzi fatti apposta per voi.

L’album è ottimamente suonato, cantato e prodotto, peraltro – il che non guasta per nulla. Anzi, lascia pensare che se fosse uscito 30 anni fa sarebbe stato anche capace di creare una certa risonanza a raggio più ampio. Ora rischia di essere semplicemente l’ennesimo disco di Pino, che è forte di un “brand” ben delineato e noto, ma legato a una tradizione e un immaginario che ormai lo identificano in maniera talmente netta da trasformarsi in una gabbia dorata.

Onore a Scotto che, a 70 anni suonati, è ancora un rocker capace di comunicare energia e rievocare i fasti di una scena che ormai appartiene – che piaccia o no – a un passato nostalgico e talmente classico da fare un po’ tenerezza. Ma il rock, purtroppo, è invecchiato. E chi lo fa da sempre inevitabilmente è invecchiato con lui. Il che aprirebbe il dibattito sul fatto se il rock, almeno in certe sue accezioni più classiche, non sia ormai da tempo “musica per vecchi”, ma tant’è. Forse non conta molto… o sì?

Tracklist

01. Don't Waste Your Time (04:29)
02. Not Too Late (04:06)
03. Before it's Time to Go (05:32)
04. Right from Wrong (04:48)
05. Dust to Dust (05:15)
06. Dog Eat Dog (03:40)
07. Rock this Town (04:19)
08. One World One Life (04:22)
09. Talking Trash (03:37)
10. Same Old Story (04:09)
11. Don't be Lookin' Back (05:09)
12. Ghost of Death (03:50)

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