Hanson - THIS TIME AROUND - la recensione
Recensione del 04 mag 2000
Ok, ok, ci aspettavamo peggio, e di molto. Gli Hanson sono un fenomeno da adolescenti, dopotutto, almeno così ci dicevano, per cui la paura era quella di trovarsi di fronte ad un nuovo disco fatto di 12 nuove “Mmmbop” scopiazzate per l’occasione. E invece non è proprio così, anche se, certo, definire la musica degli Hanson originale non è proprio un salto che ci sentiamo di poter fare. I tre simpatici fratellini Isaac, Taylor e Zac, però, hanno scelto bene le proprie fonti, visto che affondano le loro radici nel mare magnum del rock americano, con una netta predisposizione verso il suono sudista e quello west-coast: così, ascoltare il loro album, significa viaggiare a ritroso verso gli anni gloriosi di Beach Boys, Eagles, Doobie Brothers, War, Allman Brothers, magari con qualche concessione in più all’FM che tanto fa piacere a grandi e piccini. In questa operazione gli Hanson sembrano essere credibili, nel senso che la loro musica viene fuori come uno splendido anacronismo che può risultare possibile soltanto a chi è cresciuto in certe sacche dell’America rurale o, in ogni caso, campagnola: altrimenti non si spiegherebbe la scelta musicale fatta da questo trio, che ai tempi d’oro dei gruppi sopra citato non era nemmeno nella pancia (e nelle idee, probabilmente) dei genitori. Ma tant’è, il southern soul nobilita questo secondo album dei fratelli Hanson, reso più vario da un approccio quanto mai eterogeneo anche a livello strumentale, oltre che compositivo. Affiora un bel pianoforte, qua e là, anche se sono le chitarre a svolgere come sempre la parte principale a livello di arrangiamenti, oltre naturalmente alle armonie vocali del terzetto. Tra le canzoni una citazione di merito per l’iniziale “You never know”, per il primo singolo “If only” – scopiazzato ma in modo dignitoso dai primi successi della baby-band -, e poi “This time around”, la latineggiante “Can’t stop” e “Sure about it”. Ascoltare “This time around” è come sbirciare in un quaderno con quelli che a scuola si chiamavano ‘pensierini’: canzoni semplici che rimandano a qualcosa di assai più grosso, e però carine e con un senso compiuto. Bravi.