Non è mai facile per una band, dopo tanta strada percorsa, riuscire a guardarsi indietro senza nostalgia e allo stesso tempo continuare a fare piccoli passi in avanti. I Meganoidi, con vent’anni di carriera sulla pelle, sono riusciti a strapparsi l’etichetta di gruppo vivo solo grazie a un sentimento di “retromania”, dando alle stampe album credibili, sempre supportati da tour ricchi di date in tutto il Paese. Non sono più gli anni di “Supereroi” e “Zeta Reticoli”, i genovesi lo sanno bene, ma non rinunciano comunque a giocare con i suoni e con le parole. Figli prediletti delle influenze rock di fine anni ’90, hanno navigato fino a qui solcando diverse acque.
“Mescla”, il loro settimo album, si inserisce perfettamente nella visione della rock band, a cominciare dal titolo che vuole evocare proprio la volontà di “mischiare”: è un progetto ricco di significati e influenze funk, in cui si scorge un sound rinnovato, ma anche il desiderio di non tradire le proprie radici. I testi, uno degli aspetti più interessanti dell’album, sono firmati da Davide di Muzio e Luca Guercio che, dopo l’addio di Mattia Cominotto, autore di gioielli come “Zeta Reticoli”, hanno preso in mano le redini autorali dei Meganoidi. “Mescla”, attraverso fotografie di vita come “1982” e “Ora è calmo il mare( pezzo di apertura scritto da di Muzio per un’amica) o brani più politici come “Esercito in tv”, invita a riflettere su se stessi, a migliorarsi e a conoscersi: “in un periodo storico in cui l’intolleranza è spesso protagonista, spingiamo chi ci ascolta a conoscere l’altro, tenendo sempre acceso il desiderio di contaminazione e condivisione culturale”, ha raccontato Luca Guercio, trombettista del gruppo.
Il precedente “Delirio experience”, uscito nel 2018, a sei anni di distanza da “Welcome in disagio”, aveva segnato una sorta di ritorno del gruppo ligure: le canzoni erano ancorate a vicissitudini personali in cui si inserivano anche le sensazioni del diventare padri. Un disco sulla maturità, che seguiva codici rock precisi. In questo nuovo progetto, invece, la visione torna ad ampliarsi, proprio come i suoni. Alcuni fan di vecchia data noteranno un’evoluzione, ma anche una strizzata d’occhio agli esordi ska della band. Il funk prende campo in “Non indugio” e in “Il mio nome”, mentre il singolo di lancio “Condizione” porta ben visibile il marchio Meganoidi. A far vibrare gli strumenti ci sono anche Jacco al basso, Andrea Torretta alla chitarra e Saverio Malaspina alla batteria. Uno dei brani simbolo è “Persone nuove”, che racconta proprio quella volontà di apertura verso il prossimo, tema centrale del disco, mixato e masterizzato al Tabasco Recording Studio di Sori, nel levante ligure. Dieci canzoni che piaceranno ai fan, che non cambieranno la carriera dei Meganoidi, ma che dimostrano ancora una volta la forza del gruppo, uscito vivo dai primi anni duemila. Il fatto che da diverso tempo, ai loro live, non si invochino a gran voce solo i grandi classici, ma anche pezzi più recenti, è uno dei riconoscimenti migliori che potessero ottenere.