«SING IN A WORLD THAT S FALLING APART
-
Black Lips»
la recensione di Rockol
Black Lips, un rutto in faccia a chi dice che il rock è morto
A distanza di tre anni da “Satan’s graffiti or God’s art?”, la band statunitense torna con “Sing In A World That's Falling Apart”, un concentrato di rock e country in nome della libertà
Un grande baccanale in cui i personaggi strampalati delle affollate metropoli incontrano le anime senza tempo dei saloon e delle polverose distese americane. Un ritratto mitico, surreale e allo stesso tempo vero, in cui la libertà è il filo conduttore delle dodici canzoni di “Sing In A World That's Falling Apart” dei Black Lips. Il nuovo album, arrivato a due anni di distanza da “Satan’s graffiti or God’s art?”, è stato registrato nei leggendari, e recentemente riaperti, Valentine Recording Studios nel Laurel Canyon che nella sua storia ospitarono anche i Beach Boys e Bing Crosby.
L’album ha un’impostazione country-rock, una festa malinconica in cui l’anima freak della band si mostra senza filtri. Il gruppo, composto da Cole Alexander (voce, chitarra e armonica), Jared Swilley (basso), Oakley Munson (batteria), Zumi Rosow (sax) e Jeff Clarke (chitarra), ha annunciato di voler chiudere con l’idea di mettere in scena concerti folli e fuori controllo, privilegiando live un pochino “più composti”. Difficile crederci. Resta il fatto che i Black Lips non rinunciano alla loro vena dissacrante, che da vent’anni è un loro preciso tratto distintivo. Questo lavoro lo dimostra, ancora una volta. Sono degli “anti-eroi” sdentanti e fuori luogo che si divertono e fanno divertire. L’album non offre spunti di novità, viaggia su linee e contaminazioni già esplorate e anche quando affonda le radici nel folklore o nel sound rockabilly, non si distingue per innovazione. Ma resta, nella sua globalità, coeso e coerente con la visione della band a cui non frega niente di compiere passi avanti, ma preferisce ballare e non pensare a quello che sarà.
Il garage rock delle origini è meno presente, “Sing In A World That's Falling Apart” è un viaggio caciarone su sonorità southern e country. Fra rutti, urla, schitarrate e atmosfere sospese nel tempo, i Black Lips ribadiscono, con il loro stile, che il rock non è morto. Pezzi come “Get It On Time”, “Angola Rodeo”, “Georgia” e “Dishonest Men” sembrano richiamare mondi lontani: è come salire su una diligenza di alcolizzati e viaggiare per immense praterie con il solo scopo di fare festa. Le riflessioni, talvolta amare, sembrano proprio quei discorsi fra alticci che si consumano al bancone di un locale dove la vita, ance se sembra sfuggire o addirittura deflagrare, viene raccontata da chi vuole affrontarla sempre e comunque con un ghigno.
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