Più di venti anni di carriera e non sentirli; questi sono gli Stereophonics. Era il 1997, il quartetto capitanato dalla voce profonda e malinconica di Kelly Jones debuttava con “Word Gets Around”, album di lancio che fece conoscere all’Inghilterra e non solo la musica dei quattro ragazzotti venuti da una semi sconosciuta Cwmaman, cittadina sperduta nel sud gallese.
Sulla scia del britpop tanto in voga in quelli anni la band è riuscita a ritagliarsi uno spazio nel circuito mainstream del rock mondiale raggiungendo un pubblico sempre più vasto che ha sempre risposto positivamente alle produzioni di Jones e soci.
A differenza dei precedenti lavori che hanno mantenuto per certi versi quel taglio british tanto caro al rock inglese degli anni ’90, “Kind” si allontana molto da quella idea musicale sfoggiate agli esordi: meno enfasi nei volumi e più arrangiamenti acustici nelle melodie, il tutto per esaltare al meglio la voce e i testi - molto personali - del leader Kelly Jones che ha dato il meglio di se nella costruzione delle dieci tracce che compongono “Kind”. Solo nel brano di apertura “I Just Wanted The Goods” si è mantenuta quella vena puramente rock delle origini, esplosa del tutto nella metà della traccia dove un lungo solo di chitarra distorta apre a ritmi melodici più incalzanti.
“But This Town” e “Fly Like An Eagle” sono i due singoli di lancio di questo nuovo disco, entrambi accompagnati anche da videoclip postati sul canale YouTube ufficiale della band. Il secondo dei due brani è una narrazione molto personale dello stesso Jones: il testo è ispirato dal rapporto che lega il leader della band alla sua primogenita; un vincolo molto forte e profondo come dichiarato da Jones al giornale inglese The Sun in occasione della campagna promozionale del disco.
C’è spazio per le ballad come “Stitches” e “Street of Orange Light” con melodie semplice che rincuorano gli animi degli ascoltatori. “Restless Mind” è una storytelling del lato più oscuro della propria personalità: una melodia che suona molto alla Dylan con chitarra acustica e armonica come sottofondo.
Un disco grezzo senza grosse produzioni alle spalle con un arrangiamento ben fatto, semplice e diretto proprio come se fosse stato registrato in presa diretta: una operazione che rende ancor più autentica e veritiera la scelta personalistica del racconto autobiografico che Jones ha fatto in questo ultimo lavoro.