Josh Homme colpisce ancora: il nuovo volume delle Desert Sessions

il leader dei Queens of the Stone Age ha ridato continuità ad uno dei suoi progetto paralleli più interessanti, un variopinto gruppo di musicisti, in studio a registrare delle session musicali in presa diretta e in totale libertà.

Recensione del 29 ott 2019 a cura di Antonio Ciruolo

Voto 8/10

Josh Homme colpisce ancora. Dallo studio di registrazione “Rancho de la Luna” immerso nel territorio arido e polveroso del sud-est della California, il leader dei Queens of the Stone Age ha ridato continuità ad uno dei suoi progetto paralleli più interessanti, “The Desert Sessions”. Il concept di questo variopinto gruppo di musicisti, tutti di diversa estrazione musicale, è quello di trovarsi in studio e registrare delle session musicali in presa diretta e in totale libertà.

Quello che nessuno si aspettava da questi incontri occasionali tra musicisti/amici è che ci sarebbe stato materiale a sufficienza per lanciare un vero e proprio appuntamento discografico.
Dal primo volume datato 1997 lo stesso Homme ha deciso di continuare la produzione delle varie jam senza scandirne però i tempi di pubblicazione, mantenendo quella libertà musicale che sta alla base del progetto.

Era il 2003 quando il leader dello stoner rock anni ‘90 e la sua crew dell’epoca - PJ Harvey, Alain Johannes e Twiggy Ramirez tra i tanti - uscivano con “The Desert Sessions - Vols. 9 & 10”, una cavalcata di 14 brani dal taglio aggressivo e possente, il tutto saggiamente arrangiato dallo stesso Homme, nei panni di produttore/musicista. Il risultato musicale di quell’annata venne presentato con una esibizione live di alcune tracce del disco negli studi inglesi della BBC durante la programmazione del “Later...with Jools Holland”, storico programma musicale condotto dal conduttore Jools Holland. In quella esperienza vennero presentati i brani “Crawl Home” cantato da PJ Harvey e “I Wanna Make It Wit Chu”, singolo che poi venne inserito nel disco dei QOTSA “Era Vulgaris”.

Dopo una notevole pausa durata più di sedici anni, lo scorso 25 ottobre, la D.S. ha ripreso vita con l’ultimo “Desert Sessions - Vols. 11 & 12” sesto album in ordine di pubblicazione. Il tutto è stato ampiamente anticipato sul web dallo stesso Homme con una serie di brevi video promozionali e il lancio di un gioco multimediale - sul sito ufficiale del collettivo - che consisteva nell’assembrare i musicisti che hanno preso parte a questa ultima session, in ordine sparso tra i tanti nomi: Billy Gibbons degli ZZ Top, l’attore inglese Matt Berry, l’estroso Les Claypool dei Primus, la batterista Stella Mozgawa, Mike Kerr dei Royal Blood, Matt Sweeney, Libby Grace, il cantante Jake Shears degli Scissor Sisters e Carla Azar degli Autolux.

Il disco non poteva che aprirsi con la voce del buon vecchio Gibbons che narra di quanto sia difficile vivere una relazione sentimentale in “Move Togheter”; molto accattivante il beat di sottofondo. E poi giù con il rock alla QOTSA di Homme in “Noses in Roses Forever”. La terza traccia tutta strumentale “Far East For The Trees” è una nuvola mistica di suoni acustici ben intrecciati tra loro, quasi a voler rappresentare in musica l’immagine psichedelica tanto evocata da Homme in riferimento al deserto di Joshua Tree. “If You Run” è una dolce melodia a cura di Libby Grace, forse la voce meno conosciuta di questo cast insieme a Töôrnst Hülpft, indecifrabile figura vocale nella comica “Chic Tweetz”. C’è spazio anche per il fast rock di “Crucifire” che intreccia bene la voce e il basso di Mike Kerr, leader dei Royal Blood, con la vocalità tutta glam di Jake Shears degli Scissor Sisters che alterna i più classici coretti di ritornello a dei potenti tecnicismi vocali in fase di chiusura del brano.

In conclusione: quanto è bello suonare in sala prove con gli amici e fare del sano e rumoroso rock? Ce lo dice il buon vecchio Homme con queste ultime Desert Sessions.

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