Probabilmente chi si aspettava un’altra “Setting Sun” o “Hey Boy Hey Girl” sarà rimasto deluso, ma “No Geography” non è affatto il disco più debole o meno memorabile dei Chemical Brothers.
A distanza di quattro anni da “Born in the Echoes”, Ed Simons e Tom Rowlands sono tornati con un album che viaggia esattamente come il carro armato della copertina: dritto per la sua strada, senza intralci, sotto un cielo terso contaminato solo da una manciata di nuvole che disegnano una faccia su quel turchese vivido (l’immagine è presa dal booklet di “Consequences”, album del 1977 dei Godley & Creme).
“No Geography” annulla i confini dello spazio e del tempo. L’attacco robotico di “Eve Of Destruction” - brano che ospita alla voce la rapper giapponese Nene e la norvegese Aurora (presente anche in altri pezzi del disco) - per un attimo ci porta all’ombra della piramide dei Daft Punk. E in ogni brano, a partire dalla title track, si respirano le origini dei Chemical, del big beat e del richiamo a Fatboy Slim; si sentono le influenze di Kraftwerk e New Order, si captano melodie che rimandano a Moby, ma il tutto accarezzato dalla brezza di sonorità fresche che arriva a soffiarti in faccia direttamente dal futuro.
È senza spazio e senza tempo, “No Geography”, ma il duo britannico tiene sempre ben saldo il timone. Non si deraglia mai verso territori sconosciuti e poco consoni; i Chemical esplorano, giocano con il nuovo e fanno un balzo in avanti, restando fedeli al loro stile originario.
L’album dalla metà in poi è un crescendo di energia, di build up e drop. Non a caso, i singoli di lancio si trovano proprio in questa parte del disco: dal primo uscito "Free Yourself" a "MAH" (acronimo di Mad As Hell), da "Got to Keep On" a "We've Got to Try". Quest’ultimo, inoltre, è diventato anche il remix più veloce del mondo: Simons e Rowlands hanno creato la colonna sonora (di tre secondi) per la stagione 2019 della Formula 1 accelerando il brano a 15.000 bpm, lo stesso numero di giri propulsore delle auto da corsa.
Carri armati e F1 potrebbero essere, in effetti, la giusta metafora di questo album: una combinazione di imponenza e velocità, la tradizione del big beat che va a braccetto con le sonorità più nuove. Un disco senza tempo, perfetto per il presente. Anche quello di domani.