Difficile riuscire a trovare simbolicamente un elemento rappresentativo dell’album, infatti pensiamo che sia una suggestione di ambienti e trame che forse preferiamo raccontare usando un bar, situato in una zona periferica lontano dalle attenzioni dei turisti e passanti. Davanti al bar una grande strada con un gran passaggio di macchine ed un marciapiede in grado di contenere i tanti fumatori che stanno fuori a consumarsi in chiacchiere. Pensiamo che ogni brano sia una situazione vissuta da qualcuno dei frequentatori del bar in quella serata. Un romanzo con vari protagonisti che cerchiamo di raccontare in prima persona: notti insonni, sigarette e qualche drink di troppo sono gli elementi cardine di alcune di queste vicissitudini, il tutto colorato da trame rock anni 60-70 con trame psichedeliche. Questo equilibrio precario tra presente e passato è ciò che siamo, questo è il “vintage moderno” anzi… SuperVintage
Loro sono i Banana Joe, trio genovese formato da Andrea Gnisci (voce e basso), Fulvio Masini (chitarra) ed Emanuele Benenti (batteria); trio il cui sound gira dichiaratamente intorno ad un rock di stampo alternativo, vagamente grunge e con deviazioni di stampo psichedelico, esattamente come descritto dai ragazzi stessi. Dopo aver pubblicato il primo singolo, “Neve”, la band fa il suo esordio ufficiale con “SuperVintage”, un quasi concept album (possiamo dirlo?) di otto pezzi cantati in italiano, belli dritti e colorati sia in termini di idee di composizione che di arrangiamento.
Tra Weezer e Verdena prima maniera, ma non così depressi, i Banana Joe si presentano quindi con un primo album che li definisce piuttosto bene, un disco vecchio stile, roccheggiante e spensierato quanto basta, con un bel tiro e i riff giusti, registrato e prodotto presso l’Unbox Studio di Genova da Fulvio Masini e masterizzato al GreenFog Recording Studio, sempre nel capoluogo ligure. Ascolti consigliati: oltre al singolo “Neve, la ballad stile Timoria (e prendetelo come un grandissimo complimento) “Polvere” e la scheggia “Uensdei” che rimanda gustosamente ai nostri Bud Spencer Blues Explosion. Buona la prima.
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