«AN AMERICAN TREASURE
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Tom Petty»
la recensione di Rockol
L'eredità musicale di Tom Petty è un "American treasure"
Un anno dopo la sua scomparsa, la prima pubblicazione postuma di Tom Petty: un box con 60 brani, tra inediti, outtake e versioni live. Le abbiamo ascoltate
Si potrebbe scrivere un libro sul modo di gestire l’eredità di un artista dopo la sua scomparsa. Se seguite la musica, ne avete esempi continui - e solo in questo periodo ne abbiamo tre: la raccolta piano e voce di Prince, registrazioni inedite dell’83, apparentemente marginali e accompagnate da una più tradizionale raccolta; la prossima pubblicazione dedicata a Chris Cornell, una retrospettiva che di fatti ricostruisce la sua storia, ma con pochi materiali inediti: quasi un’introduzione alla sua musica.
E poi questo box dedicato a Tom Petty: 60 brani, 250 minuti di musica quasi totalmente inedita.
Gli Heartbreakers sopravvissuti hanno raccontato che Petty, scomparso un anno fa oggi, ha lasciato centinaia e centinaia di ore di materiale. Non siamo ai livelli di Prince, la cui “Vault” è zeppa di musica completamente inedita, anche album interi. Qua si tratta di registrazione di concerti, di demo, versioni diverse e un po' di canzoni mai pubblicate.
"American treasure” riflette tutto questo: le canzoni sono ordinate in maniera cronologica, dalll’esordio nel ’76 (una versione alternativa di “Surrender”, una delle canzoni simbolo di quella prima fase), a incisioni dagli ultimi album, “Mojo” (2010), “Hypnotic Eye” (2014) e il secondo disco con i Mudcrutch. Chiude il tutto una registrazione live del 2016 - non c’è niente dal tour dei 40 anni dagli esordi che si concluse pochi giorni prima della morte di Petty.
Petty stava lavorando da tempo ad una nuova versione di “Wildflowers”, disco solista del 1994 - qua sono presenti alcune brani rimasterizzati (e un solo inedito del periodo). La scelta logica per una prima pubblicazione solista sarebbe stata chiudere quel lavoro. Poi si è optato per un altro messaggio, chiaro fin dalla copertina, un ritratto di Shepard Fairey, l’autore del famoso manifesto “Hope” con Obama: L'eredità musicale di Tom Petty è un "American treasure”. Insomma, ricordare l’importanza di Petty.
La raccolta contiene 58 canzoni (più uno spot radiofonico e l'introduzione ad un concerto di Kareem Abdul Jabbar). Gli inediti sono un po' di meno: una quindicina sono canzoni dagli album, rimasterizzate. Mancano le più famose: "American girl", la cover di "Mary Jane's last dance" che fu una hit, "Free fallin" - qualcun altra è presente in versione dal vivo ("I won't back down"). Personalmente lamento la mancanza di "The waiting" - in qualche forma, già pubblicata o in versione inedita: è, secondo me, la sua canzone più bella, ma Petty la suonava poco, ultimamente - eppure nel documentario del 2007 "Running down a dream" era inclusa una stupenda versione con Eddie Vedder che valeva un recupero.
Ma fare il gioco delle mancanze è troppo semplice: quello che c'è va benissimo.
Molte versioni alternative e dal vivo, tra cui una "Rebels" con drum machine e una "Deliver me" con vocoder stile Bon Jovi, una prima versione di "King of the Hill" (incisa per il suo maestro Roger McGuinn dei Byrds). Tra le chicche c’è pure la versione di studio di questo inedito, “Two men talking”, un omaggio ai Grateful Dead, con lo stesso giro di “That’s it for the other One”. Petty suonò dal vivo qualche volta, anche a Lucca nel 2012 (Di quel concerto circola un bootleg che suona bene quanto un disco dal vivo ufficiale. Vale la pena cercarlo, non è difficile da trovare: fu un gran concerto).
Più in generale, il box ricostruisce un'immagine fedele di Petty, usando questo mix di materiale inedito e parzialmente edito: gli esordi più rock 'n' roll e chitarristici (il suono della Rickenbacker, derivato dai Byrds, appunto) e una fase più matura, dall'inizio degli anni '90, da cantautore rock più puro e dylaniano ("Wallflowers" è il capolavoro di questa fase) e un ultimo periodo in cui si prende le libertà di spaziare tra progetti apparentemente di nicchia (la reunion della sua prima band, i Mudcrutch) e diversi suoni (gli ultimi dischi: uno, "Mojo", più blues rock e l'altro, "Hypnotic Eye" dedicato al garage rock).
Insomma: una scelta che mette d'accordo tutti: i fan, gratificati con una bella raccolta di materiale mai sentito, e gli ascoltatori che semplicemente vogliono ricordare uno dei più grandi rocker americani di sempre. Un tesoro americano, appunto.
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