«APPETITE FOR DESTRUCTION (SUPER DELUXE EDITION)
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Guns N' Roses»
la recensione di Rockol
30 anni di voglia di distruzione... e non sentirli
Esce la versione rimasterizzata ed expanded di "Appetite for destruction"... fra bonus, sorprese e outtake, per tuffarsi nella giungla urbana di Axl & co.
Questo disco, che piaccia o no, ha l’importanza della Stele di Rosetta o della tomba di Tutankhamon, per il rock. Inutile rispolverare i ricordi del liceo – per chi ancora ne ha qualcuno – e sfoderare il coltissimo vocabolo “apriorismo” per tentare di contrastare simili affermazioni; perché nel caso di “Appetite For Destruction” siamo di fronte a un lavoro che trascende le discussioni da bar, i distinguo in salsa de gustibus, le eccezioni personali, le sparate da tuttologi/bastiancontrari e la filosofia d’accatto.
Quindi partiamo dall’assunto che “Appetite For Destruction” ha segnato un’epoca, è stato un punto di svolta nella languente cultura rock made in USA della seconda metà degli anni Ottanta. E tutto ciò è un dato oggettivo.
Del resto chi non conosce almeno un paio di pezzi di questo album, anche se mai lo ha posseduto in alcuna forma (manco registrato su cassetta, come usava all’epoca)? Dai, “Take me down to the paradise city where the grass is green and the girls are pretty…” oppure “Wooou wooouu wooo woooou sweeet child of mine…” le avete in testa e basta. Un po’ come le canzoncine che vi hanno fatto imparare col flauto in prima media. Ci sono e ci restano.
Ed è normale che accada, perché quei 12 pezzi usciti a luglio del 1987, nell’arco di un’annata, sono riusciti a cambiare il DNA di rock, hard rock, metal e se vogliamo anche del punk – mettendo d’accordo tutti in una sarabanda mondiale a base di riff taglienti e slabbrati, testi romantico/delinquenziali, melodie a presa rapida e una sana, fascinosa e pericolosa attitudine da teppe (cosa che in quegli anni patinati e cotonati iniziava a mancare seriamente… dove stava finendo la credibilità di strada del rock?).
Non è il caso di spendere troppe parole sul disco in sé: è un classico, la rimasterizzazione è quasi un gingillo in più, tanto sono forti i pezzi e tanto profonda l’impronta che hanno lasciato.
Il secondo CD contiene, poi, la prima tornata di bonus: è tutto materiale con cui i fan avranno di sicuro molta familiarità – l’EP “Lies” (con l’esclusione del pezzo-scandalo “One in a million”, scartato per via del testo che a distanza di decenni continua a essere una croce per Axl & co.), la b-side di “Shadow of your love” e un paio di cover (Dylan e AC/DC).
Ma il vero piatto forte di tutta la questione (più che un piatto è un pranzo intero) è costituito dai CD numero 3 e 4, che contengono una selezione ricchissima dei demo del 1986 registrati presso i Sound City Studios con l’aiuto dell’ex chitarrista dei Nazareth Manny Charlton in veste di produttore (oltre a qualche outtake sporadica).
I pezzi incisi con Charlton – qui ne possiamo ascoltare quasi una trentina! – sono davvero interessanti e mostrano i Guns nudi, crudi e grezzi… perché se “Appetite for destruction” è in sé un disco graffiante, in realtà la band ai propri esordi era ancora più ruvida e urticante. Lo testimoniano queste incisioni, in cui è assente ogni tipo di patina e di belletto… niente synth, tastiere o effetti. Solo chitarre distorte, ritmiche tonanti e un Axl che sta ancora prendendo le misure per dosare la propria vocalità esuberante.
Dopo 30 anni abbondanti la giungla dei Guns fa ancora paura, affascina... e uno sguardo sulla band pre-grande successo è ancora più intrigante.
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