Oggi Stephen Malkmus compie 52 anni e per l’occasione ho riesumato una spilla, uscita in occasione del primo album che aveva pubblicato con The Jicks dopo lo scioglimento dei Pavement, con la scritta “Who The Fuck Is Stephen Malkmus?”. Al ragazzo ironia e leggerezza non sono mai mancate.
E, ascoltando questo disco, si ha un’ulteriore conferma di quanto si diverta ancora in studio. È sempre lui, certo coi capelli brizzolati, ma beato lui che li ha ancora.
“Sparkle Hard” è il settimo album firmato Stephen Malkmus & The Jicks e la formula è più o meno sempre la stessa. Non è giusto guardare al passato, ma in questo caso è praticamente impossibile non rimpiangere nemmeno per un secondo la follia dei Pavement. Ed è difficile non pensare ai vecchi fasti di una band se il solista ne è stato il frontman e la mente. Stessa voce, stesso stile: per forza si tende a confrontare le canzoni di oggi agli anni d’oro di uno dei gruppi più incisivi nell’indie rock. “Middle America”, poi, sembra davvero una di quelle tracce scartate e poi riprese a distanza di vent’anni.
Così, ascoltando “Sparkle Hard” (mai titolo fu più illusorio), si ha la sensazione di mangiare una mozzarella del sacchetto - quelle più economiche, per capirci - rimpiangendo il gusto di quella pugliese che ti eri comprato in latteria ad Alberobello.
E siccome in questo viaggio nel passato non manca più nessuno (forse giusto i due leocorni), in “Refute” spunta Kim Gordon, prestando la voce a un brano metà Pavement e metà country. Per fortuna, trattandosi della penultima canzone, ne rimane solo una.
Giunti al capolinea, la prima cosa che viene in mente è il commento di Noel Gallagher sull’ultimo album degli Arctic Monkeys: “Ora che l’ho ascoltato, non so che farmene”.
Stephen, lo sai, anche noi come Noel, e come te, siamo un po’ guasconi. Però, anche tu, la prossima volta, invogliaci almeno a riascoltare un tuo disco nuovo...