Luca Carboni è diventato improvvisamente un artista cult. Soprattutto per la generazione degli anni '90, che negli ultimi due o tre anni ha riscoperto i suoi classici e gli ha dato una nuova vita. Il merito è anche - e forse soprattutto - della nuova scena cantautorale italiana, quella del giro dell'indie pop per intenderci: i vari Tommaso Paradiso, Calcutta e Gazzelle, tra i più ascoltati dai ventenni di oggi, citano tutti Luca Carboni tra le loro principali influenze e riconoscono di avere un grande debito artistico nei confronti del cantautore bolognese (e infatti lo invitano come super ospite dei loro concerti e inseriscono le sue canzoni nelle chiacchieratissime playlist dei Capodanni bolognesi). Carboni ricambia ora l'affetto coinvolgendo alcuni esponenti della generazione itpop nel suo nuovo album, "Sputnik".
Calcutta firma insieme a Carboni "Io non voglio", una canzone che parte in sordina e poi esplode nel ritornello liberatorio: "Io non voglio fare l'amore / voglio un miracolo, un cambiamento radicale". La ritmica è reggaeton, i suoni sintetici: sembra quasi una "Oroscopo" versione Carboni. Completamente diversa è "L'alba", scritta insieme a Gazzelle, con un arrangiamento in stile brit pop (la musica è di Gazzelle, un fan del genere) e un testo che è più figlio di un'esigenza narrativa di un uomo di cinquant'anni come Carboni: "Tu abbracciali i nostri figli che partono per il mondo / devono andare via, vanno a sentire la vita / fino in fondo". "Prima di partire", invece, co-firmata da Giorgio Poi, mischia malinconia e spensieratezza ("La vita è il solo modo per essere felici / e sentire la nostalgia / smetterà la pioggia, tornerà l'estate / voglio sempre un lieto fine / ti prego non mi dire di no") e a livello di sonorità richiama certe produzioni pop di inizio anni '90, con un uso massiccio di tastiere e sintetizzatori.
Gli episodi più interessanti del disco sono questi, ma le altre canzoni non sono meno forti: sono tutte piccole grandi "bombe pop", potenziali hit radiofoniche. Se "Pop up", l'album del 2015, aveva rappresentato per Carboni l'inizio di una nuova fase artistica, "Sputnik" si spinge leggermente oltre: ci sono ancora più sintetizzatori, tastiere e programmazioni (la produzione è di Christian Rigano, tastierista di Jovanotti, Ferro e Elisa, anche se qui e là si sente lo zampino di Michele Canova) e le sonorità sono ancora più rotonde e sbrilluccicose.
Certo, chi è cresciuto ascoltando "...intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film", "Forever" o "Persone silenziose" difficilmente riuscirà a trovare tracce di quei dischi, qui, ma è lo stesso a evitare confronti con il passato: "Sputnik" vuole semplicemente raccontare il Carboni del 2010, lasciando poco spazio a nostalgie passatiste.