Luca Barbarossa era ben consapevole, quando scriveva “Roma è de tutti”, del rischio di non arrivare a chi a Roma ci è passato soltanto per una visita al Colosseo, non ci è mai stato o in ogni caso non ne subisce in alcun modo il fascino. A chi, insomma, considera Roma soltanto una città. Nell’undicesimo album in studio del cantautore la Capitale è invece un luogo dello spirito, dove anche le ricette tradizionali raccontano storie che con la cucina hanno poco a che vedere. Ma niente paura per i non romani, gli autoctoni e i tantissimi adottivi che hanno eletto Roma a nuova patria: questo è un disco che accoglie tutti, a partire dalla scelta del romanesco, “un’inflessione comprensibile a chiunque”, spiega Barbarossa.
Un brano dell’album lo conoscete già: “Passame er sale” è stata presentata alla sessantottesima edizione del Festival di Sanremo. Scritta dal cantautore romano, come del resto tutte le altre canzoni del disco ad eccezione di “Via da Roma”, partorita anni addietro insieme al regista Luigi Magni, la traccia ha vinto il Premio Lunezia della categoria Campioni per il miglior testo, il racconto di un amore che attraversa una vita intera e i suoi alti e bassi, senza mai perdersi lungo la strada. A rappresentare il disco è però la title track con la voce di Fiorella Mannoia, illustre ospite. Non è l’unica, anche Alessandro Mannarino, che per Barbarossa è un po’ un fratello minore, è presente nell’album, in featuring nel brano “Madur”, uno dei più drammatici, dove la storia di un ragazzo dalla pelle scura ucciso da due balordi viaggia per contrasto su una melodia bluegrass allegra e ritmata – “Chi c’ha roma dentro ar core canta pure mentre more”. Dura anche “Se penso a te”, testamento di un carcerato di Regina Coeli, mentre canzoni come “La mota” e “La pennica” incarnano il lato scanzonato del disco. “Lallabbai”, che fa il verso all’inglese lullaby, riprende la “Ninna Nanna” di Brahms e chiude il disco.
In “Roma è de tutti” i tratti più tipici della caput mundi si sciolgono in una dimensione simbolica e tra una cacio e pepe e una coratella ci si ritrova a chiedersi “come se fa a nun scottasse il core”. Forse non si può evitare, ma, a differenza del protagonista di “La dieta”, che “da quando sei partita sto da solo, nun magno e quanno magno basta n'ovo”, noi possiamo sempre consolarci con una cacio e pepe come si deve. La ricetta ce la dà Barbarossa:
Pé fà 'na cacio e pepe de rispetto
dev'essè quasi crudo lo spaghetto
cor pecorino e er pepe quanto abbasta
e l'acqua de cottura de la pastaPoi è tutta na' questione de mestiere
ce sta chi dice che se chiama amore
quer modo da giralla dentro ar piatto
che viè 'na crema che diventi matto