Quando si parla di Fleetwood Mac si pensa subito a “Rumours” il loro best-seller del 1977, archetipo di un certo pop-rock americano ben scritto e ottimamente interpretato.
In realtà il vero turning point della band avvenne due anni prima con il secondo disco eponimo (decimo della band) e che segnò l'inizio della loro fase californiana e l'abbandono del blues britannico che li aveva caratterizzati fino ad allora. “Fleetwood Mac” viene ora ripubblicato in vari formati tra cui, il più ricco, un'edizione super deluxe con tre CD, un DVD e un LP in vinile: i tre cd contengono il disco rimasterizzato, una raccolta di outtakes, inediti e prime versioni delle canzoni del disco, e il terzo un paio di concerti americani registrati nel 1975.
Ma torniamo al disco e alla sua genesi.
Il cambio di rotta dei Fleetwood Mac ha inizio con la sostituzione del chitarrista/cantante Bob Welch. I tre membri della band Mick Fleetwood, John McVie e Christine McVie (Peter Green, genio e sregolatezza, aveva già lasciato la band anni prima) scelsero Lindsey Buckingham, chitarrista West Coast che con la sua precedente band aveva già calcato i palchi insieme a Jimi Hendrix e Janin Joplin, il quale chiese come condizione di accettare nella band anche la sua fidanzata Stevie Nicks. E furono proprio i nuovi arrivati a plasmare il suono della rinascita dei Fleetwood Mac.
"Landslide" e "Rhiannon", presenti in questo disco, rimangono due delle canzoni più rappresentative non solo nella discografia dei Fleetwood Mac, ma di tutta la moderna pop music. La prima è stata una delle più coverizzate negli anni 90 (dagli Smashing Pumpkins alle Dixie Chicks), "Rhiannon" è invece una di quelle perfette pop song che potrebbe essere uscita ieri: la progressione degli accordi in minore, l'affascinante racconto della donna misteriosa, l'inconfondibile voce di Stevie Nicks, per non parlare delle armonie tripartite di Stevie, Christine e Lindsey nel coro, che sarebbero diventate un marchio di fabbrica del suono della band. Ma il disco contiene delle tracce che ancora oggi colpiscono per la loro freschezza, dal rock'n'roll di “Blue Letter” al pop sinistro di “Say you love me” fino all'allegra “Monday Morning”.
Il secondo disco contenente le demo version delle tracce ci raccontano di una band dritta e sicura delle proprie decisioni e potenzialità, considerato che queste versioni suonano sorprendentemente simili alle versioni finali. Ma sono le registrazioni dal vivo che rendono questa riedizione meritevole dell'acquisto, anche per chi possiede già l'album: i Fleetwood Mac sono da sempre una gran live band ed è incredibile ascoltare versioni così ricche e affiatare di “Rhiannon” o come gli otto minuti di “World Turning” dopo nemmeno un anno dalla creazione della nuova band. Sempre nel terzo disco si possono ascoltare le ottime versioni cantate da Lindsey Buckingham dei classici acid blues di Peter Green come "Oh well" o "The Green Manalishi.
Un disco da scoprire o rivalutare, una buona alternativa al conosciutissimo e successivo “Rumours”.