Stella Maris: leggi qui la recensione di "Stella Maris"

Un disco nato dall'esigenza stilistica di ripercorrere alcune sonorità e atmosfere che negli anni ‘80 contribuirono a rendere il suono della post new wave così autentico, lasciando però alle chitarre il compito di essere protagoniste.

Recensione del 30 nov 2017 a cura di Marco Jeannin

Voto 8/10

Gli Stella Maris sono un supergruppo. Supergruppo sia nel senso più tradizionale del termine, cioè un gruppo formato da esponenti piuttosto noti di altre band, che in senso letterale: supergruppo perché portatore di super pezzi.

Umberto Maria Giardini (ex Moltheni), Ugo Cappadonia, Gianluca Bartolo (Il Pan del Diavolo), Emanuele Alosi (La banda del Pozzo) e Paolo Narduzzo (Universal Sex Arena) si sono uniti nel corso di quest’anno con un obiettivo ben chiaro in testa: in un preciso momento storico in cui gli anni Ottanta sono tornati di gran moda riportando in auge una certa elettronica a base sintetica, la band ha ben pensato di rispolverare il suono della chitarra, di quella chitarra che ha reso grande la post wave e, successivamente, anche buona parte del pop di qualità. Un suono che possiamo tranquillamente geolocalizzare collocandolo in Gran Bretagna, la patria delle melodie pulite portate avanti a colpi di riff. Uno sport nato e cresciuto in terra d’Albione che nel corso del tempo ha fatto scuola.

Giardini e Cappadocia di questa scuola sono stati ottimi alunni e il loro amore per gli Smiths (e i Cure) li ha portati a mettere in piedi questo progetto che trovo, nella sua incredibile e controcorrente semplicità, quasi rivoluzionario. “Stella Maris” conta dieci pezzi in cui la voce, i testi e le interpretazioni del sempre ispirato Giardini si fondono perfettamente con l’impianto sonoro impostato dalla combo ritmica Bartolo/Cappadonia, un duo alla guida del reparto ritmico formato da Aloisi e Narduzzo, puntuale tanto quanto l'impeccabile frontman. Ecco quindi che quello che poteva e potrebbe tuttora sembrare un progetto nato per puro divertimento diventa qualcosa di molto più corposo e interessante. Da “Rifletti e rimandi” passando per “Quella primavera silenziosa” e il due singoli “Eleonora no” (impossibile da levarsi di dosso) e “L’umanità indotta” scendendo poi al trionfo Morriseyano “Non sai più cosa mangi, come puoi sapere cosa piangi” (arrangiato però alla Smith/Gallup), “Stella Maris” riporta una ventata di freschezza in un periodo in cui spesso riprendere un suono significa sostanzialmente citarlo e basta, replicandolo senza però farlo progredire. Gli Stella Maris hanno preso invece un modo di fare musica, l’hanno assimilato, fatto loro e declinato a dovere, mettendo in piedi qualcosa di ovviamente derivativo ma non per questo poco originale o bello. Siamo piuttosto in presenza di dieci pezzi che tra ballad, uptempo e canzonette regalano momenti di vera poesia (“Quando un amore muore non ci sono colpe”). De resto avere Giardini in squadra a qualcosa porterà, ma è a tutto il gruppo che va fatto un plauso.

Un super gruppo, con dei super pezzi. Bello.

Tracklist

01. L'umanità indotta (03:57)
02. Rifletti e rimandi (05:16)
03. Piango pietre (03:05)
04. Quella primavera silenziosa (05:16)
05. Coglierti nel fatto (03:13)
06. Eleonora no (03:36)
07. Non importa quando (03:43)
08. Quando un amore muore non ci sono colpe (04:14)
09. Tutti i tuoi cenni (02:58)
10. Se non sai più cosa mangi, come puoi sapere cosa piangi? (05:33)

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