Lo ha intitolato "Infedele" perché c'è un po' di tutto, dentro: elettronica, melodie italiane, free jazz, rock americano e un pizzico di Sud America. Per sottolineare il fatto che lui non appartiene a nessuna parrocchia, che gli dà noia essere etichettato, che i suoi ascolti e le sue influenze sono trasversali: in questo suo nuovo album il cantautore siciliano ha voluto mischiarle, decomporle e ricomporle come in un'opera cubista.
C'è molta elettronica. Talvolta si sfocia nella deep house ("Compleanno") e in produzioni che strizzano l'occhio ai Subsonica ("Maometto a Milano"), tra sintetizzatori e drum machine - ha usato anche la TR-808 della Roland: "Ma è elettronica di matrice classica. Non abbiamo mai usato il computer, sono tutti outboard esterni o macchine elettroniche", spiega il cantautore. "Anche 'Egomostro' aveva una componente elettronica forte. Ma qui c'è anche una componente acustica, e si sente".
Il risultato è un disco che vede Colapesce proseguire il discorso già avviato con i suoi due precedenti lavori, ma al tempo stesso rappresenta un piccolo passo in avanti, un'apertura (basti ascoltare i due singoli che lo hanno anticipato, "Ti attraverso" e "Totale"). È un album volutamente disordinato, fuori dai vincoli di genere, un jukebox eterodosso e vario: "Infedele", appunto, ma mai incoerente.