L'album d'esordio del trio britannico guidato dalla vocalist Hannah Reid, "If you wait" del 2013, fu una sorpresa: accolto tanto bene dal pubblico britannico (volò al secondo posto della classifica del Regno Unito) quanto dagli addetti ai lavori (ne scrissero piuttosto bene l'Independent e Consequence of Sound), portò all'attenzione del pubblico europeo, anche grazie a singoli fortunati come "Wasting my young years" e "Strong". "Truth is a beautiful thing" è l'ideale sequel di "If you wait": i London Grammar tornano con una manciata di brani con cui ripropongono, in versione più matura, le caratteristiche del precedente disco.
Per questo nuovo disco, Hannah Reid e compagni hanno collaborato con Paul Epworth e Greg Kurstin, i produttori di Adele, per intenderci. E si sente, nelle undici canzoni che compongono la tracklist di "Truth is a beautiful thing", il contributo dei due produttori: il suono è più curato rispetto a "If you wait", più raffinato, ma non snaturato. Basti ascoltare il singolo "Big picture", una ballad elettronica con una base minimal, tutta piano e beat, con un cantato che ricorda quello di Florence Welch. Non ci sono hit scalaclassifiche, non ci sono tormentoni pensati a tavolino: sembra un disco piuttosto onesto e sincero, questo secondo album in studio dei London Grammar - come il titolo stesso lascia intuire: la verità è una cosa bella.
A proposito dei nuovi pezzi (nell'edizione deluxe c'è anche una cover di "Bitter sweet symphony" dei The Verve) il trio spiega: "Il primo album parlava delle relazioni. Anche il secondo parla di relazioni, ma in maniera differente: probabilmente, riguarda la relazione che si ha con sé stessi, piuttosto che con una persona specifica. Abbniamo lavorato molto sulla dimensione cinematografica".
Con "Truth is a beautiful thing" i London Grammar confermano la buona impressione che ci si era fatti di loro quattro anni fa: il loro posto tra pop e elettronica e alternative sembra ben saldo. E sì, la verità è proprio una cosa bella.