Il treno in ritmica cadenza sincopata percorre veloce nove terre popolate da strane storie grottesche. Il capotreno è una Capra con strani occhi umani, il suo puzzo caprino riempie i vagoni e le narici dei viaggiatori s’irrorano d’immagini, personaggi e storie tanto concreti quanto surreali. La bestia è famelica, una fame insaziabile divora la sua mente, e nella testa dei passeggeri la domanda è una sola: la Capra è Cannibale?
Una bestia che si nutre di stoner, per la precisione. E psichedelia. E ritmi più tribali che mai. Questo sono Le Capre a Sonagli, o meglio… questo sono Le Capre a Sonagli oggi. “Cannibale” arriva a due anni da “Il fauno”, due anni in cui la band si è presa il tempo per lavorare con cura al disco, con un’idea ben precisa in testa: cambiare, provare, sperimentare.
Nello specifico, per prima cosa sperimentare con la voce, diventata ora a tutti gli effetti parte integrante del costrutto psichedelico dei nove pezzi di “Cannibale” tanto da arrivare a considerarla come uno strumento vero e proprio perfettamente integrato e non come realtà a parte. Sperimentare poi con la musica: basso e batteria, motori fondamentali di questo lavoro, vanno a supportare i riff e le sferragliate ruvide di chitarra qui trattata a dovere e agghindata da suoni di catene, piatti rotti e seghe circolari.
Un mix potenzialmente incontrollabile che Tommaso Colliva, a fianco della band da luglio 2016, ha saputo gestire alla perfezione, miscelando gli ingredienti di questo calderone freak stoner (“L’arca di Hitchcock”, “Cannibale in mare”), tribale (“Gallo da combattimento”) e psichedelico (un po’ tutto) nel modo più giusto, e cioè impedendo ai singoli elementi di prevalere l’uno sull’altro per premiare la coesione di un suono che nella sua stramba totalità genera atmosfere insolite, al limite dell’horror grottesco (“Ride il pagliaccio”). E, infine, sperimentare con i testi: poche parole, poche immagini ma di grande impatto e in linea con il concept del disco.
“Giungla mi offro a te nuda, giungla fa di me linfa / Va funesta fin laggiù la mia testa / Sulla cima del tempio, lama taglia il mio teschio / Va funesta fin laggiù la mia testa / Presto morirò, smetterà di battere questo cuore che dono per far piovere / Festa si farà quando e il cielo a piangere quando ci sarà grano da raccogliere”.
Registrato nel giro di un mesetto a fine novembre 2016 all'ISHTAR di Milano con Tommaso Colliva e Marco Olivi, poi mixato a Londra nel TOOMILAB sempre da Colliva e masterizzato alla Maestà da Giovanni Versari, “Cannibale”, nel suo essere comunque una piccola rivoluzione, conferma per l'ennesima volta la band bergamasca. A conti fatti, questa è la terza di seguito. Niente male davvero.
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