C'è un fattore comune che unisce tre importanti dischi di black music degli ultimi anni: la jazztronica glitch “You're dead” di Flying Lotus, il capolavoro hip-hop “To Pimp a Butterfly” di Kendrick Lamar e la titanica opera jazz “The Epic” di Kamasi Washington. L'elemento in questione è proprio Thundercat, nome d'arte del bassista (e cantante) losangelino Stephen Bruner, che ha contribuito alla ritmica di questi dischi con la sua tecnica virtuosa e grande versatilità. Oltre ad essere session man molto richiesto (ha suonato anche con Erykah Badu, Terrace Martin e Childish Gambino), Thundercat ha avviato una carriera solista, sempre per l'etichetta Brainfeeder di Flying Lotus, in cui riesce a mettere insieme i suoi vari amori musicali: Frank Zappa e Stevie Wonder, Todd Rundgren e Madlib, Brian Wilson e John Coltrane.
I suoi due album precedenti “The Golden Age of Apocalypse” e “Apocalypse” mostravano queste varie facce, anche se tutto risultava ancora acerbo e mai definitivamente concluso. Questo “Drunk”, sebbene ancora frammentario – 23 tracce in 51 minuti – e discontinuo, tra un cambio di registro e l'altro forma un caleidoscopio ricco di spunti e ispirazioni, a partire da quel mondo sonoro di jazz-pop-soul afroamericano collocabile tra la fine degli anni '70 e inizio '80 (“Bus in these streets”) e a cui si ricollegano il font e la foto della bella copertina.
C'è il pezzo super ammaliante e pop (“Show you the way”) cantato insieme alle due stelle del blue eyed soul Kenny Loggins e Michael McDonald e il pezzo zappiano per eccellenza (“Captain Stupido”), il synth-funk ammaliante del Wonder anni 70 (“Them Changes”) e il virtuosismo nevrotico di jazz fusion (“Uh Uh”). Si esce un po' rintronati dall'ascolto di questo disco ed è per questo che “Drunk” è un titolo perfetto. In realtà il concetto che sta dietro all'ubriacatura racchiude vari aspetti, anche resi espliciti dalle liriche: quello derivato dai social (“Friend zone”) fino al tema del hangover (“Drunk”), e questo spiega anche le tante tracce morbidone e suadenti (“3AM” e la finale “DUI”) anche se sempre un po' wonky e fumate, marchio di fabbrica del suono Brainfeeder. Perfino gli ospiti prestigiosissimi – Pharrel Williams e i rapper Wiz Khalifa e Kendrick Lamar – contesi un po' da tutta la scena r'n'b e hip-hop per avere una loro featuring, non intaccano troppo il mood del disco e si mettono a servizio di questi bozzetti sonori e del falsetto etereo di Thundercat.
"Drunk" è un disco imperfetto e bizzarro, torrenziale ma nello stesso ammaliante, che ti tiene legato - citando Baudelaire e alludendo al titolo - come l'ubriaco alla bottiglia, e con soluzioni sonore specialmente sul piano ritmico che faranno impazzire i musicisti delle quattro corde e gli amanti della musica afroamericana, mai così ricca e creativa come in questi anni.