'Monsoon'? Era robetta: i nuovi Tokio Hotel sono una rivelazione

La band tedesca torna sulle scene con un nuovo album che colloca i Tokio Hotel anni luce dall'orbita emo di "Monsoon", la loro più grande hit. Dai Depeche Mode a "Stranger things", "Dream machine" è un meraviglioso omaggio agli anni '80.

Recensione del 08 mar 2017 a cura di Mattia Marzi

Voto 7/10

Non vogliono dimostrare di essersi definitivamente liberati dell'immagine di band emo-pop con cui si erano fatti riconoscere all'inizio della loro carriera, non vogliono dimostrare che quella stramaledettissima "Monsoon", la canzone che ha condizionato la loro intera carriera fino ad oggi, una hit diventata più grande del "fenomeno Tokio Hotel", è robetta se confrontata alla roba che suonano oggi. I Tokio Hotel vogliono solamente fare ciò che gli piace e che li fa divertire. Eppure, ascoltando il loro nuovo album, "Dream machine", sembra davvero impossibile non azzardare un paragone tra i Tokio Hotel di oggi e quelli di qualche anno fa.


L'album, registrato tra Berlino e Los Angeles, rappresenta la somma di tante piccole rivoluzioni: una rivoluzione nel look, molto anni '80, con Bill Kaulitz che sembra aver finalmente trovato una sua identità precisa (e al posto di quella criniera tipicamente emo ora sfoggia un taglio più sobrio); una rivoluzione a livello discografico, che ha portato la band a rompere con Universal e a firmare un nuovo contratto con Sony; una rivoluzione, infine (ed è la cosa che a noi interessa di più), a livello di suono

 

"Dream machine" ha riferimenti precisi: i Tokio Hotel guardano fissi agli anni '80, una decade che ha prodotto trashate clamorose ma anche album straordinari. La copertina del disco sembra citare la locandina di "Stranger things", la serie di fantascienza dei fratelli Matt e Ross Duffer che a sua volta cita i simboli degli anni '80. L'effetto eco applicato alla voce di Bill, il suono dilatato e trasognante delle tastiere e delle drum machine, quello allucinante - nel vero senso della parola - dei synth: è soprattutto nella produzione (curata dagli stessi componenti della band) e nel modo con cui i Tokio Hotel suonano gli strumenti, che in "Dream machine" si sente l'influenza degli anni '80. Elettro-rock, synth-pop, dance-rock (nel presentare il disco hanno citato i Depeche Mode, ma un accostamento meno presuntuoso può essere quello con gli M83): l'album suona tutto così, dai pezzi più vivaci ("Boy don't cry", "What if") alle ballad ("Elysa", "Better").

Per chi ha seguito passo passo i Tokio Hotel nel corso della loro carriera da "Monsoon" ad oggi, il disco non rappresenterà chissà quale sconvolgimento: in effetti è la logica prosecuzione del precedente "Kings of Suburbia" e dell'EP solista pubblicato da Bill Kaulitz nel 2015 (che riascoltandolo oggi sembra quasi un'anticipazione di questo nuovo disco). Per chi, invece, non sentiva parlare dei Tokio Hotel dai tempi di "Monsoon", può essere una bella rivelazione.

Tracklist

01. Something New (05:21)
02. Boy Don't Cry (03:32)
03. Easy (04:25)
04. What If (03:32)
05. Elysa (04:28)
06. Dream Machine (04:35)
07. Cotton Candy Sky (03:31)
08. Better (03:43)
09. As Young As We Are (03:48)
10. Stop, Babe (03:51)

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