C’è stato un periodo in cui l’indie rock era necessariamente legato alle chitarre; formalmente non c’era via di scampo... o così o niente. Oggi, per fortuna, le cose son cambiate e la maggiore predisposizione (anche in termini di ascolto, tutto meno ortodosso) ad una contaminazione libera dei generi ha permesso alle nuove band di uscire dai quei confini che per tanto tempo hanno giocato un ruolo determinante soprattutto nella musica indipendente, e sperimentare di più e meglio. Ecco quindi che gli Swomi possono tranquillamente rientrare nel giro del nuovo indie rock, confezionato però a suon di sintetizzatori.
Gli Swomi sono un duo bresciano attivo dal 2014. Matteo Bassi e Francesco Bortolini hanno iniziato a collaborare tre anni fa, ma solo a febbraio di quest’anno sono usciti con il primo EP. EP che s’intitola “Painless” e mette sul piatto cinque pezzi fondati di base su melodie solide, semplici nel senso più nobile possibile, che si rifanno concettualmente tanto a Beck (“Jelly beans”) quanto agli Strokes (“Gun”) ma, appunto, più elettronici. Un connubio che forse, dopo la prima tornata di ascolti, trova riscontri anche con un certo tipo di pop anglosassone e che, in generale, arriva bene in cuffia dall’inizio alla fine.
E non è male come cosa, visto che gli Swomi (il nome è una storpiatura di suomi, cioè come i finlandesi dicono finlandese) hanno registrato tutto in casa con la stessa attrezzatura che si portano sul palco, questo per poter proporre sempre un suono coerente, in studio e dal vivo. Una scelta azzeccata, che condivido concettualmente e penso possa pagare in termini d’impatto live, situazione in cui gli Swomi potranno aggiungere quel qualcosa in più che potrebbe fare la differenza; a tutto questo va anche aggiunto il buon lavoro fatto a monte in termini di produzione da parte di Giovanni “Mulai” Bruni Zani e il gioco è fatto.
Cinque bei pezzi. Promossi.