Il vocione di Sergione: hip hop, blues e soul, la recensione dell'album di debutto
Un mix di hip hop, blues e soul che strizza l'occhio alle produzioni di Hozier e Rag'n'Bone Man: ecco l'album di debutto di Sergio Sylvestre, già vincitore dell'ultima edizione di Amici, reduce dalla partecipazione al Festival di Sanremo 2017.
Quando parte la prima canzone, "The last kiss goodbye", con quella ritmica hip hop, un battito di mani a scandire il tempo e coretti blues, la mente va subito a "Take me to church" di Hozier e "Human" di Rag'n'Bone Man.
Pensi: "Magari è solamente un'impressione, ora il pezzo parte e va da tutt'altra parte". E invece no: Sergio resta lì, nel misto di hip hop, blues e soul che è stata la chiave del successo dei due cantautori britannici. Non ne esce. Anzi, ci resta praticamente per l'intera durata del suo album d'esordio, dal titolo eponimo, ideale successore dell'EP pubblicato lo scorso maggio dopo la vittoria ad Amici.
Sì, il disco è quasi tutto così: un mix di hip hop, blues e soul con la voce del cantante - potentissima - in primo piano. Ecco, se c'è un filo conduttore che lega tra loro le 12 canzoni, al di là dei suoni, è proprio la centralità data al vocione di Sergio: ti viene addosso, ti sovrasta. Ha un impatto importante, ma non fa male: è la tipica voce nera che ti meraviglia, profonda. Chi questa voce non la conosceva ha avuto modo di ascoltarla per la prima volta al Festival di Sanremo, dove Sylvestre si è presentato con una ballad soul, "Con te", con lo zampino di Giorgia (in veste di autrice).
"Con te" non è la canzone più significativa di questo album, ma rappresenta - insieme a "Lucky ones", "Come il sole ad ottobre" e "Honesty", le altre ballad - un'eccezione alla regola: il disco suona tutto come quella "The last kiss goodbye" che abbiamo preso come esempio. Quei territori lì, d'altronde, sono quelli in cui il cantante losangelino si trova più a suo agio: anche quando faceva il vocalist nelle discoteche delle spiagge salentine, prima di partecipare ad Amici, Sergio era solito cimentarsi con pezzi dai suoni un po' black e un po' hip hop - alcuni video di quelle esibizioni sono anche su YouTube.
La formula funziona ed è originale, nel senso che è una buona alternativa alle hit elettropop che dominano ormai incontrastate le classifiche e gli airplay radiofonici (e di simil-Hozier, per ora, in giro che ne sono ancora pochi).
Speriamo che con i prossimi dischi Sylvestre non si fissi solamente in questo genere e in questi suoni, perché al di là del ritmo hip hop e della potenza della musica black, c'è dell'altro: le performance più interessanti, in questo disco, Sergio ce le offre proprio quando esce da quei territori. Un esempio? "The way you are", un pezzone dove la sua anima nera incontra un arrangiamento meno ritmato e più minimal, con un ritornello in cui il vocione del cantante è supportato da sonorità urban-dance.
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