Blindur è il nome del duo composto da Massimo De Vita e Michelangelo Bencinvenga, entrambi campani, entrambi polistrumentisti ed è anche il titolo del loro album d’esordio, pubblicato da La Tempesta Dischi. Nove sono le tracce che lo compongono, di cui otto scritte dal duo, che ha curato anche la produzione, ed una da Massimo con Carola Moccia (degli Yombe); nove sembrano anche i tentativi di rendere l’album emblema di sincerità. Ma tentare non è sinonimo di riuscire, si sa. Il tentativo è andato a buon fine?
Per rispondere potremmo parlare per ore della registrazione dal vivo in presa diretta, scelta per rendere percepibili passione ed entusiasmo. Meglio iniziare, invece, citando un loro verso, che recita “Quel che è vero si può cantare”.
“Blindur” arriva dopo quasi 3 anni di collaborazione artistica e undici di amicizia, dopo oltre 150 concerti, non solo in Italia, ma anche in Islanda, Francia, Germania, Irlanda, Belgio, sette premi vinti in Italia (tra cui il Premio Pierangelo Bertoli 2015, il Premio De André 2015, il Premio Buscaglione 2016 e il Premio Tempesta Dischi "Sotto il cielo di Fred") e svariate partecipazioni a festival internazionali. L’album entra nel panorama musicale italiano, si colloca a metà strada tra il folk e il post – rock, con venature di elettronica e sembra essere il punto di incontro tra la ricerca del suono ed il cantautorato italiano, attento alla poetica e alle parole.
“Aftershock”, che ha l’arduo compito di fare da apripista, rappresenta il punto più alto di tutto il lavoro, con un sound che strizza l’occhio ai Mumford & Sons ed un testo talmente bello e significativo da immobilizzare chi lo ascolta: affronta il difficile argomento della consapevolezza di sé stessi, in un’ottica che lascia comunque spazio ai sogni. Brani che si pongono sullo stesso livello sono “Solo andata”, che parla della voglia di andare via, portando con sé paure e speranze e “Lunapark”, le cui sonorità propendono verso l’art rock, che si assume la responsabilità di parlare d’amore, ispirandosi ai Sigur Ros e alla loro capacità di emozionare, arrivando subito al pubblico.
I testi sono il punto di forza dei Blindur. Trasformare sentimenti, avvenimenti, situazioni, circostanze in musica, è un’arte, un dono che pochi hanno. Le loro canzoni hanno la capacità di costruire racconti, parlando di vicende personali, come “Vanny”, dedicata alla partenza dell’amico di sempre, di fatti di cronaca, come “Canzone per Alex”, scritta alla vigilia delle Olimpiadi di Londra nel 2012 per Alex Shwazer e che, traendo ispirazione da quest’ultimo, arriva a parlare della superficialità dei giudizi e di come alle volte sia difficile liberarsi da etichette; possono anche far riflettere, come “Imprevedibile”, che invita a prendere la vita come un corsa, al termine della quale ci si può riscoprire sempre nuovi e sempre diversi. Se volessimo trovare un filo conduttore che lega ogni brano, sarebbe proprio la capacità di comunicare e di saperlo fare con la giusta intensità: ascoltando le parole di ognuno ci si può riconoscere, si può sorridere, ci si può commuovere e magari talvolta si può imparare qualcosa.
Quindi, per rispondere alla domanda iniziale: il tentativo di risultare sinceri è andato a buon fine? Alla luce di tutte queste considerazione, la risposta è sì.