Luca Chikovani - START - la recensione

Recensione del 27 lug 2016 a cura di Mattia Marzi

Voto 5/10

Quando, esattamente dieci anni fa, il talent scout Scooter Braun scopriva Justin Bieber su YouTube, tracciava un'altra strada attraverso la quale un cantante, nell'epoca dei social e del digitale, può far conoscere la propria musica: il web. Dopo la popstar canadese, nel corso di questi dieci anni, il web ha sfornato tante altre stelline: Cody Simpson, Shawn Mendes, i 5 Seconds of Summer, Troye Sivan, solo per fare qualche nome. L'Italia arriva sempre dopo, si sa, e le major hanno scoperto come sfruttare il web a livello discografico solo in tempi recenti: l'etichetta più attenta ai fenomeni della rete è la Universal, che dopo aver portato nel suo roster i Ciuffi Rossi e Michele Bravi, ha deciso di puntare anche su Luca Chikovani.
 




"Start" è il disco di debutto del cantautore georgiano ma romano di adozione, un totale di sette canzoni suddivise tra quattro inediti e tre cover. Luca si è fatto conoscere su YouTube grazie ad una serie di video pubblicati sul suo canale ufficiale, presentandosi sia come video blogger sia come cantante: a volte si è raccontato ai suoi follower a parole, altre volte lo ha fatto attraverso le cover di canzoni di teen idol come lo stesso Justin Bieber, gli One Direction, Ed Sheeran. In questo percorso non è stato solo, ma si è fatto affiancare dalla Show Reel, agenzia milanese specializzata in talenti del web, la stessa che si occupa di Michele Bravi e Sofia Viscardi, tra le principali web star italiane. Sarebbe interessante capire in che modo dalla Universal si siano accorti di lui e se nella firma del contratto discografico abbia giocato un ruolo chiave la stessa Show Reel: se così fosse, la storia dell'"artista nato sul web" reggerebbe fino ad un certo punto e sarebbe solamente una storia usata ad arte da industria e media per lanciare Chikovani. Ma questo non è il contesto adatto per affrontare questo discorso: qui ci limiteremo solamente a raccontare "Start" e le canzoni contenute nel disco di Luca.


Inutile dirlo: i riferimenti principali di questo album sono i teen idol del momento, quelli le cui canzoni Chikovani ha più volte coverizzato su YouTube. Non solo One Direction e Justin Bieber, ma anche Conor Maynard e James Bay. Queste influenze sono esplicitate nelle tre cover contenute all'interno di "Start": c'è quella di "Love yourself", il brano scritto da Ed Sheeran per Justin Bieber, c'è quella di "R U crazy" di Maynard e c'è quella di "Let it go" di James Bay. Ma le ritroviamo anche nei quattro inediti: sono tutti in lingua inglese, puro teen pop che spazia da inni generazionali come "New generation kids" a riflessioni personali come "On my own" (dedicata alla mamma di Luca).

L'impressione che si ha ascoltando le cover è che Chikovani non ci metta del suo, che si limiti solamente a riproporre un'interpretazione quanto più simile all'originale. Te ne accorgi soprattutto nella cover di "Love yourself": se stai ascoltando il disco in streaming, quando parte la canzone pensi "E mo' perché c'è Justin Bieber?". Poi, però, capisci che a cantare non è Justin ma Chikovani, e storci un po' la bocca. Anche gli inediti non sono molto d'aiuto: non solo perché sono troppo pochi per farsi un'idea su Luca Chikovani, ma anche perché a livello di sonorità sono tutti piuttosto simili tra loro. E anche troppo simili alle produzioni dei vari teen idol ai quali Chikovani si rifà. Ok la bravura, ok la passione, ok gli ottimi numeri sui social: ma le cose da dire? Per ora sembrano non esserci, ma forse ci sbagliamo e - chissà! - con il suo prossimo disco Luca ci sorprenderà.

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