Il post punk revivalistico di "Drag queen", in apertura, trae in inganno: la strofa di "Oblivius", avvitata su una complessa tessitura chitarristica, si risolve in un ritornello d'impatto dove la voce di Casablancas viene sorretta da un muro di synth e chitarre. "Threat of Joy" piacerà ai fan di vecchia data, quelli che nelle proprie playlist ancora oggi non si fanno mancare "Last nite" o "Someday", con le chitarre a condurre il gioco su un beat appena più complesso di quelli prodotti da Moretti ai tempi di "Is this it?". Mentre in tanti si domandano se gli Strokes siano tornati o meno, i fan più cauti tengano le dita incrociate: più che la storiella ormai lisa sull'hype a inizio carriera e sulla stampa madre matrigna che prima porta in palmo di mano e poi affossa a distanza di un paio di stagioni, a far perdere di smalto Casablancas e compagni è stata una certa resistenza alla spontaneità - anche sacrosanta, per certi versi, perché figlia della voglia di affrancarsi da un immagine e da un ruolo che ormai andavano stretti in modo insopportabile. Quindi auguriamoci che nei prossimi mesi ai nostri non capitino tra i piedi colonne sonore, Dj set, installazioni, collezioni autunno inverno o collaborazioni estemporanee e chissà: senza l'ansia da prestazione e gli occhi addosso del mondo intero, gli Strokes potrebbero ancora regalarci qualche sorpresa.
Strokes - FUTURE PRESENT PAST - la recensione
Recensione del 01 giu 2016 a cura di Davide Poliani
Voto 7/10
Non è detto che a questo Ep debba seguire per forza in disco, avendo gli Strokes assolto ai propri impegni contrattuali con la RCA con "Comedown machine" del 2013. Anzi, non è detto che Julian Casablancas e compagni abbiano voglia di fare un altro disco, affaccendati come sono nei propri progetti solisti. Consideriamo però questo "Future present past" come un segnale incoraggiante lanciato da una compagine sempre piuttosto svogliata, anzi tanto svogliata da rasentare - a volte - l'antipatia: eccezion fatta per il remix curato dal batterista Fabrizio Moretti (gradevole ma tutto meno che fondamentale) i tre inediti inclusi nel nuovo EP degli ex beniamini indie fotografano un gruppo tutto sommato in buona forma, capace di mettere a frutto l'esperienza maturata in quasi vent'anni di attività per mettere in luce i proprio punti di forza e ben cammuffare le proprie carenze.
Il post punk revivalistico di "Drag queen", in apertura, trae in inganno: la strofa di "Oblivius", avvitata su una complessa tessitura chitarristica, si risolve in un ritornello d'impatto dove la voce di Casablancas viene sorretta da un muro di synth e chitarre. "Threat of Joy" piacerà ai fan di vecchia data, quelli che nelle proprie playlist ancora oggi non si fanno mancare "Last nite" o "Someday", con le chitarre a condurre il gioco su un beat appena più complesso di quelli prodotti da Moretti ai tempi di "Is this it?". Mentre in tanti si domandano se gli Strokes siano tornati o meno, i fan più cauti tengano le dita incrociate: più che la storiella ormai lisa sull'hype a inizio carriera e sulla stampa madre matrigna che prima porta in palmo di mano e poi affossa a distanza di un paio di stagioni, a far perdere di smalto Casablancas e compagni è stata una certa resistenza alla spontaneità - anche sacrosanta, per certi versi, perché figlia della voglia di affrancarsi da un immagine e da un ruolo che ormai andavano stretti in modo insopportabile. Quindi auguriamoci che nei prossimi mesi ai nostri non capitino tra i piedi colonne sonore, Dj set, installazioni, collezioni autunno inverno o collaborazioni estemporanee e chissà: senza l'ansia da prestazione e gli occhi addosso del mondo intero, gli Strokes potrebbero ancora regalarci qualche sorpresa.
Il post punk revivalistico di "Drag queen", in apertura, trae in inganno: la strofa di "Oblivius", avvitata su una complessa tessitura chitarristica, si risolve in un ritornello d'impatto dove la voce di Casablancas viene sorretta da un muro di synth e chitarre. "Threat of Joy" piacerà ai fan di vecchia data, quelli che nelle proprie playlist ancora oggi non si fanno mancare "Last nite" o "Someday", con le chitarre a condurre il gioco su un beat appena più complesso di quelli prodotti da Moretti ai tempi di "Is this it?". Mentre in tanti si domandano se gli Strokes siano tornati o meno, i fan più cauti tengano le dita incrociate: più che la storiella ormai lisa sull'hype a inizio carriera e sulla stampa madre matrigna che prima porta in palmo di mano e poi affossa a distanza di un paio di stagioni, a far perdere di smalto Casablancas e compagni è stata una certa resistenza alla spontaneità - anche sacrosanta, per certi versi, perché figlia della voglia di affrancarsi da un immagine e da un ruolo che ormai andavano stretti in modo insopportabile. Quindi auguriamoci che nei prossimi mesi ai nostri non capitino tra i piedi colonne sonore, Dj set, installazioni, collezioni autunno inverno o collaborazioni estemporanee e chissà: senza l'ansia da prestazione e gli occhi addosso del mondo intero, gli Strokes potrebbero ancora regalarci qualche sorpresa.