Ecco, la speranza è che i C.O.D. non soffochino in questo panorama. Che non finiscano a ingrossare le fila del “giovane rock italiano” che è bello e palpitante in quanto giovane, vedendo inserito il loro nome negli elenchi della “musica del 2000” che ogni bravo giornalista ha pronto in un cassetto mentale, quello in fondo alla relativa scrivania mentale. Quello in cui beninteso non si guarda mai, per correre dietro al solito cadavere eccellente da hit-parade.
Sia chiaro che i C.O.D. devono ancora lavorare, e di brutto, per evitare di cullarsi voluttuosamente in una specie di malinconichilismo (Gesù, non posso credere di aver scritto una cosa del genere. Mi avrà ispirato “Nevicadere”) presente in brani come “Michelle #6” o “Le balene”. Anche se quest’ultima include un verso come “Tu mi fai la strategia della tensione” che merita spazio accanto alla “ragazza la cui faccia ricorda il crollo di una diga” di De Gregori tra le frasi-monumento della canzone italiana. Ma sin dalle prime note del disco si capisce che i quattro musicisti trentini fanno parte dell’1 per cento per il quale vale la pena continuare a pubblicare e ascoltare dischi italiani. I testi di Emanuele Lapiana sono belli, a volte molto belli, a volte splendidi (“Fiore” e “Scolorina” sono da antologia); la prima metà del disco regge una tensione rara, che ricorda “Achtung baby”, anche se le dichiarazioni d’amore esplicite sono Marlene Kuntz (citati in “Le balene”) e Ian Curtis, cui è dedicata “Nevicadere”. Ci sono momenti in cui il suono scelto è il migliore possibile, e in cui l’impasto sonoro, il limite più frequente per i musicisti e produttori nostrani nonostante i progressi di questo decennio, regge il confronto con la musica inglese: bravo Luca Rossi (Ustmamò), che continua a migliorare come produttore. Per questo ci auguriamo che i C.O.D., che già si sono scelti un nome che in qualche modo odora di “altro” (R.E.M., C.S.I., S.O.D.) resistano alla tentazione di proporre troppi ammicchi culturali andreapezzeggianti, tipo il cartoon “Neon Genesis Evangelion” scelto come artwork, il “Vellocet” cui è intitolato un brano, mentre un altro, molto bello, si chiama “Pol@roid” - come il film Viol@ o una pubblicit@ che non citiamo. Che p@lle, sta @. Piccole debolezze di gioventù, certo. Che però gli costano il 10 in pagella - si scende a 8,5. Oppure 8/9 o 9--. Qualcuno ha mai capito quale valesse di più?
Tracklist
Pol@roid
Fiore
Nevicadere
Le balene
(Giulio) Delle stelle
Scolorina
Respirare (nonfunziona)
Vellocet
Michelle #6
Atomico