Nine Inch Nails - THE FRAGILE - la recensione

Recensione del 28 ott 1999

Disco ostico sia dal punto di vista commerciale (eh, sì, un CD doppio costa un bel po’ di soldi) che da quello puramente artistico (104 minuti di musica scritta da un personaggio come Trent Reznor sono veramente una minaccia, a livello emozionale, per chiunque), “The fragile” spezza un silenzio di ben cinque anni. Un silenzio che ha seguito uno dei dischi più importanti del rock anni 90 come “The downward spiral”. Un silenzio che proprio per questa forza attribuita negli anni a “The downward spiral” è stato più difficile spezzare per un’artista scrupoloso nelle sue scelte come Reznor. Ma alla fine Trent ha rotto gli indugi. Si è chiuso in studio di registrazione (oggi più che mai strumento aggiunto) e ci ha regalato un album che, tanto quanto “The downward spiral”, dice qualcosa, lascia il segno dentro le nostre anime, fin troppo abituate a dischi indolori, a progetti che non scalfiscono altro che la superficie delle cose. Il primo elemento che fa la differenza, che rende “The fragile” un album memorabile è proprio questo saper “bucare” lo schermo dell’indifferenza, andare oltre gli schemi comuni della musica moderna e scrivere canzoni che “urtino” la nostra coscienza, che ci facciano pensare. Come rimanere infatti indifferenti davanti alla dipendenza (da altri, da cose che limitano la nostra libertà) e alla claustrofobia fotografati nella stupenda “We’re in this together” (il brano più devastante dell’album), all’odore del buio e delle tenebre che ci invade in “I’m looking forward” (quando canta “”The smell of the sunshine I remember sometimes”) o al bisogno paranoico di nascondersi, di trovare rifugi sicuri dove sottrarsi alla pazzia del mondo (in “Big come down” e “Into the void”). E un viaggio nei sentimenti e nelle paure dei “fragili” quindi, ma non solo. E’ un disco che in molti momenti metabolizza le pulsioni della musica contemporanea (i riverberi e le basse frequenze dell’elettronica d’avanguardia, ovvero la musica di personaggi come Aphex Twin o di etichette sperimentali come la tedesca Basic Channell), facendole proprie, rendendole una cosa a parte, che suona soltanto Nine Inch Nails (soprattutto nel “left CD”, il primo). E’ un disco che anche nei momenti in cui vengono a galla gli ascolti di Reznor in questi anni (Atari Teenage Riot, a cui si accosta in “Starfuckers, Inc” e “Underneath it all”, Chemical Brothers, a cui sembra voler fare il verso nella strumentale “Complication”, Marilyn Manson, con cui avrebbe potuto scrivere “Where is everybody”) rimane un lavoro a sé stante, creativo e unico nel genere rock. Una folgorante prova di come deve essere oggi il rock: industriale quanto basta per essere post moderno. Elettronico quanto basta per suonare futuristico. Esplosivo e devastante come deve essere il rock puro. Malinconico e minaccioso come può essere un disco che “sente” la tensione di fine millennio. Decadente come deve essere un disco che mette in mostra le fragili miserie di uomini storditi e confusi. In breve: un capolavoro di sensibilità umana e di lucida sintesi dei suoni che girano nell’aria oggi.

Tracklist

01. Somewhat damaged
02. Day the world went away
03. Frail
04. Wretched
05. We're in this together
06. Fragile
07. Just like you imagined
08. Even deeper
09. Pilgrimage
10. No, you don't
11. Mer
12. Great below
13. Way out is through
14. Into the void
15. Where is everybody
16. Mark has been made
17. Please
18. Starfuckers, inc.
19. Complication
20. I'm looking forward to joining you,...
21. Big comedown
22. Underneath it all
23. Ripe (with decay)

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