È invece un piacere constatare che la diffidenza, oltre a essere peccato, in questo caso si è rivelata cattiva consigliera. Perché “Perfectamundo” è un bel disco ed è davvero – francamente stento ancora a crederlo dopo alcuni ascolti (sì sono uno che ha la testa dura) – un piacevolissimo divertissement che mescola sonorità latine, rock-blues e un tocco di hip hop senza incappare nell’effetto minestrone passato col mixer, in cui tutto si confonde con tutto e ci si trova un pappone verdastro/marrone nel cucchiaio.
Il singolo “Treat her right” (cover di Roy Head) è un buon indicatore dell’atmosfera di tutto il disco: sonorità torride e rilassate, immaginaria colonna sonora di un improbabile spaghetti western ambientato in un’estate cubana. E poi tanta voglia di – come dicono gli inglesi – “let your hair down”, cioè di lasciarsi andare alla spontaneità, seguendo il flusso di pensieri e desideri, senza troppe menate. Per Gibbons, questo approccio senza paletti significa recuperare vecchi studi fatti in gioventù, quando fu allievo nientemeno che di Tito Puente per imparare i segreti delle percussioni latine.
Quindi la componente di gioco e sperimentazione è molto forte, senza però risultare mai troppo autoindulgente: è facile seguire il filo del discorso musicale di Gibbons, che riesce a mettere l’ascoltatore a proprio agio anche avventurandosi in territori che – solitamente – non siamo abituati a vederlo battere. Manifesto di questo atteggiamento sono la lenta e sorniona “You’re what’s happenin’, baby” e “Sal y pimiento”, intrisa di percussioni e spezie sonore che la rendono intrigante al punto giusto.
Menzione speciale alle tracce vocali, che vedono Gibbons deliziarci con il suo vocione urticante – che crea un bel contrasto con le frazioni musicali più light – in inglese e spagnolo, mischiati (ovvero lo “Slanguish”, come lo stesso artista lo definisce).