Apparentemente, "Hairless toys" suona come una lunga esplorazione del lato oscuro della disco. La forma-canzone rassicurante e i ritmi ballabili dei pezzi più facili di "Overpowered" del 2007 sono frantumati in composizioni piuttosto lunghe - quasi sei minuti e mezzo di durata media - dove il timbro vocale impalpabile di Murphy si mescola ad arrangiamenti e strutture inconsuete per la canzone pop. Murphy dice d'essersi ispirata ai dischi della Casablanca, l'etichetta newyorchese che a metà anni '70 seppe intercettare i fermenti della disco traducendoli in un catalogo di grande successo, ma "Hairless toys" è un lavoro decisamente più elitario e contemporaneo. La sua natura "weird" rimanda all'esordio solista della cantante "Ruby blue" del 2005, ma quel disco era segnato dal tratto deciso e fantasioso di Matthew Herbert, questo è più vaporoso ed enigmatico. Composto da otto canzoni, selezionate da un bacino potenziale di trenta pezzi, "Hairless toys" è scritto e prodotto con Stevens, già dietro l'EP dell'anno scorso "Mi senti" che trasudava amore per le melodie e per le dive di casa nostra.
Il senso d'instabilità trasmesso dall'album s'abbina a uno dei temi enunciati dalla cantante: la realizzazione di sé in una nuova "famiglia" costruita grazie alla musica e alle sottoculture giovanili. È un motivo che emerge chiaramente dal primo pezzo intitolato "Gone fishing" e ispirato alla visione del documentario del 1990 "Paris is burning" dedicato alla scena underground "ball" newyorchese. Suoni di percussioni intonate (ma probabilmente sono tastiere) s'intrecciano su un corpo sonoro scheletrico, piccole alterazioni dell'intonazione provocano vertigini passeggere. "Ho trovato un posto dove esprimermi", canta Murphy mentre dei "doo-doo" in sottofondo donano al pezzo un'aria più leggera e serena. Non è roba canticchiabile, anche se in "Univited guest" si fischietta davvero ed "Exile" ha la forma più consueta della ballata guidata da arpeggi e riverberi di chitarra suonata con la tecnica del bottleneck. Anche i pezzi più groovy come "Evil eyes", col suo giro di basso funk anni '70 e i sintetizzatori che rimandano ai primi '80, sono resi più complicati e interessanti da cambi di ritmo e particolari strumentali che alterano la narrazione e fanno somigliare l'album a una sorta di disco music ri-sognata.
Il glamour associato alla dance evapora in un campionario di suoni in che entrano ed escono dal mix: linee di basso jazz che non servono a tenere il ritmo, ma a disegnare schizzi astratti; casse in quattro che si tacciono per dare spazio a jam; armonie vocali che appaiono dove non te l'aspetti; tastiere elettriche che s'inseriscono negli interstizi di ritmi funkeggianti d'altri tempi. "Explotation", che la cantante associa alle idee di sesso e divertimento, è un'esplorazione di nove minuti e mezzo che inizia con un pattern chiassoso di batteria e diventa cumulo di segni, dalla fusion alla disco al funk, in bilico fra momenti di controllo e di abbandono. Dopo un'introduzione che potrebbe uscire da un disco dei Radiohead, gli accordi di "House of glass" portano a spasso la canzone per quasi sette minuti in un crescendo che va dalla fragilità alla celebrazione. Quando pensi di sapere tutto di un pezzo, ecco che lo scenario cambia radicalmente, come accade nell'inserto centrale della deliziosamente eccentrica "Univited guest"
La voce di Murphy ora assume toni torbidi alla Marianne Faithfull, ora si dirige verso il suo registro più alto, ora cerca un'inflessione confessionale smentita da controcanti ironici. Ora sembra lo strumento di una diva anni '70, ora il lamento di una vocalist dell'epoca del trip-hop. La cantante regge i sei minuti di "Hairless toys (Gotta hurt)" con un eloquio confidenziale, addolorato, drammatico, e chiude il lavoro con un pezzo intitolato "Unputdownable" a metà strada fra la ballata folk, la divagazione pianistica e il collage gospel-pop. Piccole eccentricità sonore rendono la musica interessante, ma sempre a suo modo essenziale e sofisticata. L'estetica controllata e minimale di "Hairless toys" dà origine a una sorta di disco decolorata in equilibrio fra pop e ricerca, sentimento e intelletto. Non è musica che ti porta di forza sulla pista da ballo, a fare festa. Ti corrompe lentamente con la sua atmosfera intossicante.