La domanda però sorge spontanea: nel mondo retromaniaco di oggi, dove talent show e tributi la fanno da padrone, cosa ci dobbiamo aspettare di nuovo da un disco di cover, oltre che buone esecuzioni vocali e arrangiamenti insoliti?
In questo caso "Sings the great Diva classics" ha nel suo arco un paio di frecce da giocare: Aretha, dall'alto del suo status, accredita le canzoni contenute nel disco, apponendo una sorta di sigillo e trasformandole in songbook classics , quasi degli standard. Così insieme a “At last”, “Teach me tonight” e “People” già di diritto nel grande canzoniere, si aggiungono le recenti “Rolling in the deep”, “No One” e pure “Survivor” delle Destiny's Child contenuta in coda nell'Aretha Version di “I will survive”.
L'altra annotazione da fare è che mentre la copertina ci mostra una Aretha photoshoppatissima , dentro al disco si respira aria di autenticità. Dopo 72 anni di una vita vissuta profondamente (e 11 anni di assenza dalle scene) lo strumento di Aretha non ha più la fluidità sorprendente che aveva una volta, il suo abbondante melisma ogni tanto traballa. Ma qua non c'è auto-tune, non ci sono altri trucchetti da studio usati dalla maggioranza delle sgallettate che riempiono le classifiche. E' proprio questa sfrontatezza che fa di questa raccolta un disco interessante e non il solito songbook di cui sono pieni gli scaffali. D'altro canto nei registri più bassi riesce a dare il meglio, come nella calda ed elegante versione di “Teach me tonight” o in “At last”, abusata ma sempre fonte di brividi.
Dal punto di vista prettamente musicale, c'è André 3000 degli Outkast nella squadra dei produttori - anche se il suo apporto non è ben chiaro - insieme a Kenny “Babyface” Edmonds, Harvey Mason Jr., Terry Hunter ed Eric Kupper. Niente di nuovo, ma sono divertenti i medley inseriti in alcuni pezzi o per la ritmica hip-hop di “Midnight Train To Georgia”.
Alla fine la voce vera e reale di Aretha svetta su tutto.