I primi tre singoli sono stati scelti bene e rappresentano appieno la varietà dei nuovi Tokio Hotel. "Run, run, run" è una buona ballata, tradita però da un'interpretazione piatta e compromessa dall'autotune (ci sono molte voci, soprattutto femminili, che la trasformerebbero senza problemi in una hit); "Girl got a gun" è un esperimento post-dubstep accompagnato da un video che deve molto a "Telephone" di Lady Gaga; "Love who loves you back", il brano migliore dell'album, è un synthpop elegante e leggero che subisce l'effetto dei Daft Punk, mentre il video sembra una versione aggiornata e più spinta di "I'm a slave 4 U" di Britney Spears.
Non va altrettanto bene quando cercano un punto di contatto con l'EDM, e le avventure più infelici in questo filone ("We found us", "Never let you down", "Louder than love") sono saggiamente raggruppate nella seconda metà. È normale che, con la sua rinascita, un gruppo che è stato assente così a lungo provi a mettersi in linea con la contemporaneità, ma visto che un altro dei momenti più azzeccati è il revival anni '80 della title-track, forse avrebbe giovato loro incidere un album più vicino ai Tears for Fears che a Skrillex.
"Kings of suburbia" è un reboot che ha più pregi nelle intenzioni che nei risultati, ma che tuttavia riesce a trovare nuovi modi di declinare l'eccentricità di Bill Kaulitz e la sua band. Che possa fare presa su un pubblico di adolescenti nel frattempo diventati ventenni, è un altro discorso.