L'esempio eclatante sono i due singoli. “C'eravamo tanto sbagliati” contiene sei minuti di invettive che mandano tutti affanculo (vi ricorda qualcosa?): “Chi non ha mai colpa, chi lo chiede l'Europa, chi giudica e non viene mai giudicato, chi dice all'estero si sta meglio e lo trovi sempre qui a lamentarsi, chi si rifà il sorriso e vince le elezioni, a chi va tutto bene, sempre tutto bene, sempre solo bene” e così via. E' originale? No. E' interessante? No. E' semplice? Si. Funziona e ti si appiccica in testa anche se è l'ultima cosa che vorresti al mondo? Si. “Questo è un grande paese”, secondo singolo con la partecipazione di Piotta e di Max Collini degli Offlaga Disco Pax. Tappeto pop sintetico e via: “Da noi, tutte le strade portano alle larghe intese, tutte le strade portano all'Europa, tutte le strade portano affanculo; Vieni da noi, l'Italia è una repubblica fondata sulla Germania; avete chiesto cambiamento? mi spiace, oggi serviamo solo merda...Se magna bè, se beve bè, si sta yeah yeah”.
E' originale? No. E' interessante? No. E' semplice? Si. Funziona e ti si appiccica in testa anche se è l'ultima cosa che vorresti al mondo? Si. Ci sono ancora brani no-sense come “Piccoli incendiari non crescono” e “Forse più tardi un mango adesso”, oppure “Te per canzone scritto ho” che fa il verso (ironicamente) a Vasco Rossi, ed una riuscita “Linea 30” che omaggia però troppo chiaramente lo stile minimale/spoken degli stessi Offlaga Disco Pax.
Poi invece c'è un pezzo come “Il sulografo e la principessa ballerina” dove il tappeto elettronico è di alto livello e sfiora l'IDM ed anche il testo è più ricercato, intimo e sincero: “Sembravo lo stesso di quando bambino aggrappato alle nuvole chiedevo un passaggio per un mondo fragile, invece rimango incollato ai tuoi occhi inediti” oppure “I fari che mi tornano a scaldare in mancanza, la tua mancanza, che gli altri tornano a guardare me che non so più cosa cantare... davvero”. Ecco, questo dovrebbe e potrebbe essere il primo tassello di un nuovo percorso, più maturo probabilmente, che Lo Stato dovrà inevitabilmente cercare per il futuro prossimo. Lodo e soci sono furbissimi nel difendersi dalle critiche con ironia e molto bravi nella comunicazione, fattore oggigiorno imprescindibile per chiunque voglia ambire a fare qualcosa nella musica (e non solo). I ragazzi de Lo Stato Sociale hanno capito come vincere (e di questo gliene va dato atto) con una formula semplice e popolare. E ne sono consapevoli, perché ci fanno, non ci sono. Però dire che “L'Italia peggiore” è un disco che artisticamente contiene davvero troppi pochi spunti interessanti per essere promosso, non è un reato e non è nemmeno snob. Sono convinto che Lo Stato Sociale in futuro può arrivare a trovare un compromesso tra le canzonette (come furbescamente la band definisce i propri brani, come dire: noi vi avevamo avvisato, che volete?) e qualcosa di più elaborato e ricercato. E sono convinto che lo sanno benissimo anche loro. Intanto rimandati a settembre... asini!