Sohn - TREMORS - la recensione

Recensione del 22 apr 2014 a cura di Marco Jeannin

Voto 8/10
A dire il vero non c’è moltissimo da dire. “Tremors” è il primo album di Sohn . Sohn è lo pseudonimo scelto da Christopher Taylor per firmare la propria musica. Christopher Taylor è un ragazzo nato nel sud di Londra che nel 2010 si è trasferito in quel di Vienna. Perché Vienna? Per la scena elettronica (almeno così pare; Berlino non tira più?). Per poter comporre in santa pace in una città i cui ritmi sono ben diversi da quelli della capitale inglese. Per godere di panorami diversi, di un ambiente diverso che in qualche modo potrebbe riflettersi sul modo stesso di comporre. Potrebbe? Può. Perché la musica non nasce per caso. La famosa “ispirazione”, non cresce sugli alberi (per quanto spesso e volentieri arrivi dal confronto con la natura). Ecco quindi che una serie di scelte hanno portato Taylor a fare musica, la sua musica, in Austria. Si parla di elettronica (per ora generalizzo), prima remix, per Rhye e
Lana Del Rey , poi ecco spuntare i primi singoli, proprio subito la firma sul contratto marcato 4AD. Da qui a pubblicare un disco, il passo e breve; se sei in un momento “fecondo” poi, lo è ancora di più.

Sohn si presenta nelle interviste come un ragazzo spigliato. A chi gli chiede cosa pensa della musica elettronica lui risponde che in realtà all’inizio neanche ci pensava al fatto che la sua fosse musica elettronica. Così come non gli interessa mettere in risalto la sua vena soul. Checché ne dica il buon Christopher però, “Tremors” è precisamente questo: un disco soul elettronico e pure pop (di quello buono), figlio di questo periodo e di tanti ascolti di James Blake , Thom Yorke (sponda Atoms For Peace ), Bjork , Wild Beasts , XX e Jamie Woon (tra i tanti) , e paragonabile, in quanto ad atmosfere, ad un disco molto bello e molto delicato di cui abbiamo parlato poco tempo fa, “In the silence” di Asgeir . Vero, quello è molto più islandese, molto più boniveriano , ma ascoltando “Tremors” ho notato parecchie affinità, non ultima la grande portata melodica. Ed è un bene, perché è proprio nella ricerca della melodia perfetta (“Artifice”, “Tempest”, “The wheel”, “Veto”), dolce e foderata, abbinata ad un background netto eppure rarefatto, a texture sintetiche fatte di pochi, precisi tocchi (“Fool”, “Lessons” o la superba titletrack), che questo lavoro definisce la sua identità. Trovo che la copertina scelta per il disco (così come quelle dei singoli) sia in questo senso più che calzante; niente di eccezionale, per carità, ma vedere questo scatto molto grafico che ritrae un paesaggio naturale inospitale, algido eppure saturo e affascinante, rappresenti al meglio la musica che il disco contiene. Un elettro pop altrettanto grafico, ricercato eppure minimale, asciutto ma di grande impatto emotivo e giocato meravigliosamente sul contrasto. Melodia e elettronica. Caldo e freddo. Malinconia e forza.


“Ho lavorato ogni notte fino all’arrivo di un’alba fredda per tornare a casa a piedi: per me questo è il suono dell’album” dice Sohn. Noi aggiungiamo che “Tremors” è un ottimo primo disco, con bei pezzi e (finalmente) dei singoli degni della loro “singolarità” acquisita per diritto. E Sohn una più che piacevole rivelazione.

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