Funziona così per i Mogwai no? Ascolti i dischi, ce la metti tutta per andare a pescare il pelo nell’uovo - e di solito la questione gira intorno al fatto che i ragazzi col tempo hanno perso vagamente mordente rispetto alle prime cose; meno sperimentali, meno post rock, meno speciali, più pacati e più “per tutti” - eppure quando ti ritrovi faccia a faccia con loro, le chiacchiere stanno a zero. Non pensi più alle colonne sonore, vecchie o nuove, o agli Ep, belli o brutti. Non pensi che sono passati la bellezza di diciassette anni da “Young team”, e che c’è ancora chi ha il coraggio di rimpiangerlo. No. I dischi dei Mogwai non vanno chiacchierati, figuriamoci rimpianti. Sono dischi che nascono per il motivo più semplice ed ovvio che si possa immaginare: essere suonati e ascoltati dal vivo. La faccenda delle velleità è roba vecchia; l’argomento era già trito ai tempi di “The hawk is hawling” (che io, per inciso, difenderò a morte finché campo), figuriamoci oggi alla luce di questo nuovo “Rave tapes”.
“Rave tapes” che, giusto per solleticare i palati più fini e permettere a me di ingrassare il paragrafo, va a pescare in maniera molto più esplicita dal repertorio Mogwai di quanto mai fatto fino ad oggi. I Mogwai adesso si citano, vedi “Blues hour” (“Cody”), “Heard about you last night” (“Earth division”), “Hexon bogon” (“Mr. Beast”) e “Master Card” (in pratica una b-side soft di “Batcat”), e, una volta esaurite le citazioni, vanno dritti per la loro strada. Impossibile non notare una estrema continuità con “Hardcore will never die”, soprattutto da un punto di vista di mood, di arrangiamenti, e di struttura. Continuità data, più che ovviamene, dal fatto che i due album sono prodotti dalla stessa persona, quel Paul Savage che non smetteremo mai di ringraziare per i suoi Delgados.
Tutto ciò fa di “Rave tapes” il disco contemporaneamente più interessante, più “classico” e più spiccatamente ironico che i Mogwai abbiano messo insieme da tempo (vedi “Repelish” e la tirata sui messaggi subliminali nascosti in “Starway to heaven” tratta da un programma radiofonico del 1981 a cura di Michael Mills