In questo nuovo lavoro le intenzioni del buon Mayer si fanno molto più chiare. Il suo nuovo riferimento è il blue eyed soul o quelli che molti chiamano (non senza un certo malcelato disprezzo) lo yacht rock - ovvero quel rock soul funk bianco, maturo e sofisticato portato al successo da band come Steely Dan, Doobie Brothers, Hall & Oates e Boz Scaggs (peraltro tornato prepotentemente di moda) – miscelato con elementi di R&B e un'infarinatura di hip-hop che lo rendono contemporaneo.
E' paradossale che per il disco più personale Hawthorne abbia abbandonato la sedia del produttore per cederlo a una serie di nomi di prestigio quali Jack Splash (Kendrick Lamar, John Legend), Greg Walls (Adele), John Hill (Santigold) e il prezzemolino di quest'estate Pharrell Williams la cui influenza nel disco è piuttosto forte.
Ma veniamo alle tracce. “Back Seat Lovers” è puro Michael McDonald e il “nah-nah nah-nah” è contagioso come pochi, “The Innocent” con quelle sue note ascendenti ricorda molto da vicino “Maneater” di Hall & Oates, mentre l'incedere reggae-dub di “Allie Jones” lo trasforma nel fratellino piccolo e sporco di “Haitian Divorce” degli Steelys, e via dicendo; ogni brano rimanda a qualche altra perla che i nostalgici di certo pop sofisticato degli anni 70-80 non possono non rammentare, ma qui proposti in una veste nuova e gradevolissima.
Linee di basso complesse, solide base ritmiche, tastiere e ottoni sparsi in tutto il disco e in più un funk che rende il disco (dalla copertina inquietante e assolutamente fuori luogo) assai più ballabile e pop dei suoi precedenti. Merito anche di Pharrell Williams che mette lo zampino sui pezzi più riusciti del disco: in “Wine Glass Woman” riprende la chitarrina di “Beautiful” nella sua collaborazione con Snoop Doggy Dog, mentre in “Reach out Richard” e “The Stars are ours” il leader dei Neptunes e dei N.E.R.D fa coming out del suo amore per Fagen & Becker, riuscendo a mettere insieme nell'ultimo pezzo le sofisticate linee melodiche con il classico tormentone “hey-ho” che dal vivo funzionerà molto.
I testi parlano come al solito di donne, sesso e sbronze, ma Mayer qui prova anche a raccontare delle storie brillanti, al contrario di quelle un po' maschiliste e superficiali del “collega” Robin Thicke.
La collaborazione di Kendrick Lamar (anche lui prezzemolino mica da ridere) non aggiunge niente di più e, insieme alle ballad in cui Mayer Hawthorne gioca a fare Elton John (come nella conclusiva “All Better”) sono forse i pezzi più deboli di un disco che va giù come un mojito fatto bene, di quelli dissetanti di cui non percepisci il contenuto alcoolico e che ti vien voglia di riprendere ancora e ancora.