La seconda venuta degli Esben si basa dunque sulla sacralità della melodia, e indirettamente sulla celebrazione della stessa attraverso la sua dissoluzione nei generi su cui si fonda. “Iceland spar”: lo shoegaze; “Slow wave”: lo dice il titolo stesso. “When that head splits”: dark ambient e pop. “Shimmering”? Di nuovo shoegaze e dream pop ma lenti, intimi e scuri come raramente capita di sentire. “Deathwaltz”, l’ottimo singolo: dream pop più solare e incalzante, ma è solo un sorriso dagli occhi tristi. “Yellow Wood”: slow wave, ancora; “Despair”: distorsioni quasi noise, le stesse di “Putting down the pray”, agghindate qui da contrappunti quasi eterei; una nenia dark lancinante, al rallentatore. E per finire i due pezzi più belli del disco: “The fall of Glorieta Mountain” e “Smashed to pieces in the still of the night”, la prima una ballata intima e delicatissima sussurrata al vento, la seconda l’essenza degli Esben & The Witch concentrata in poco meno di otto minuti.
“Wash the sins not only the face” è un’opera completa. Ha un sound finalmente consistente e tutto da esplorare, qualcosa di più che una semplice facciata. Ha dei singoli da ascoltare, che se non li apprezzi subito è anche meglio perché vuol dire che dureranno di più. Ha creativamente qualcosa da dire, e lo fa con il linguaggio di chi sta maturando e merita di essere seguito perché sa come mantenere sempre alto il livello di concentrazione. E’ un’opera sofisticata, ma non difficile, profondamente dark e pop insieme. E’ molto facile perdersi in dischi come questo. E ogni volta è un immenso piacere.