Foals - HOLY FIRE - la recensione

Recensione del 22 feb 2013 a cura di Ercole Gentile

Voto 6/10
Per iniziare a parlare del nuovo album dei Foals basta fare due nomi: Flood e Alan Moulder. Produttori di garanzia, di un sound tra rock, pop ed elettronica che, tra uno e l'altro, ha fatto la fortuna di band come Depeche Mode, U2, Smashing Pumpkins, Erasure e molti altri. La band inglese ha deciso di affidarsi alle loro esperte mani per il terzo capitolo discografico “Holy fire”, lavoro che giunge a tre anni di distanza dal buon “Total life forever”, che includeva uno dei brani migliori di quell'annata come “Spanish Sahara” (non a caso usato in moltissime serie tv). Yannis Philippakis e soci hanno cominciato a scrivere i pezzi in quel di Sydney (Australia), registrandoli e perfezionandoli in un secondo tempo ad Oxford prima ed a Londra poi con Flood e Moulder. E la mano dei due si sente immediatamente in “Inhaler”, un 'cazzuto' brano pop-rock da 'arena', un incontro tra U2, Killers e Jane's Addiction. E allora pensi che i Foals si sono lanciati su questa strada, ma è vero a metà.




Già “My number” ad esempio riprende le influenze math-funk degli esordi. Ed è più o meno in questi due filoni che si divide il disco, sempre gradevole, talvolta anche qualcosa in più: come l'emozionante “Late night”, la lenta “Stetson” o ancora l'elettrica, ritmica e violenta “Providence”. Altro punto a favore è inoltre la voce di Yannis, che matura passo dopo passo e si fa sempre più sicura e intrigante. La sufficienza è piena, ma non si va oltre purtroppo. “Holy fire” sfiora solamente la completa maturità, risulta ancora acerbo (anche se suona da paura. Ma con Flood e Moulder sarebbe strano il contrario). Come se i Foals avessero avuto paura di diventare i nuovi Killers, con tutti i pro e contro del caso. Le intenzioni erano chiare, ma lanciato il sasso, i Nostri hanno tirato indietro la mano.

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