Traspira una viscerale genuinità, in questo progetto, a cominciare dalla leggendaria etichetta impressa in copertina a fianco della foto in bianco e nero dei protagonisti (la Stax di Memphis, di Otis Redding, degli Staple Singers e di Albert King, oggi tornata in attività: negli Stati Uniti pubblica anche i dischi dell'ottimo Warren Hayes ). E nei solchi di "Get up!" c'è musica vinilica, ruvida e polverosa come ci si aspetta: il blues del Delta ("Dont' look twice", Weissenborn, voce in falsetto, percussioni e la tipica armonica elettrificata di Musselwhite) e quello di Chicago ("I'm in I'm out and I'm gone" rimanda dritto a Muddy Waters e al catalogo Chess), i cori gospel a ritmo di valzer accelerato di "We can't end this way", gli accenti accorati di una ballata come "You found another lover (I lost another friend)" e il boogie duro di "Blood side out" mentre "Get up!" (la canzone) è un pezzo programmatico di questo Harper immerso nel blues (testi compresi, anche se si fatica a immaginare un bravo ragazzo come lui nei panni del fuorilegge), imperniato sui quattro pilastri che sostengono tutto il disco: voce, armonica, batteria e chitarra, stavolta sguinzagliata senza strafare in una bella jam che trova ampi spazi di manovra tra le maglie larghe di un arrangiamento ridotto all'osso.
C'è qualcosa del recente passato del cantautore californiano nell'aspra "I don't believe a word you say", un hard blues fragoroso che ricorda il suono dei suoi Relentless 7, e un momento più easy e scanzonato in "She got kick", un ballabile con pianoforte rock'n'roll; molto meglio però le atmosfere cooderiane e dark della spettrale "I ride at dawn", il titolo migliore, o l'andamento dolente e strascicato di "All that matters now". Che termina con un chiacchiericcio e una risata, nel clima rilassato e spontaneo di un disco fatto - e si sente - per puro piacere e bisogno di soddisfare se stessi. Una meritata vetrina, per Musselwhite. E un bagno rinfrescante, per Harper, prima di decidere se assecondare la prossima volta le lusinghe del diavolo o quelle del music business (che non sempre sono la stessa cosa).