La Comitiva - MEDICINA BUONA - la recensione

Recensione del 29 giu 1999

Riccardo Sinigallia è per molti versi una sorta di deus ex-machina della scena musicale romana e nonostante sia stato per qualche tempo consulente artistico della Virgin, rimane essenzialmente un musicista: già nel gruppo underground dei “6 Suoi Ex” (insieme a Nerattini), il suo nome è poi emerso dietro il successo di Niccolò Fabi (come produttore), dietro l’exploit da hit parade di Frankie (Sinigallia co-firma “Quelli che benpensano” e ne ha scritto la melodia del ritornello) e ha qualcosa a che fare con i bei nomi della scena romana come Gazzé e Silvestri: insomma, quel che si dice “un capo”. Massimo rispetto, quindi, e anche doppio perché a quello per l’artista si aggiunge quello per il personaggio rimasto sempre in disparte, conosciuto dagli addetti ma non dai riflettori e dal pubblico. Con La Comitiva finalmente Sinigallia dà il via ad un progetto suo, hip hop italiano realizzato mettendo insieme diversi talenti e un po’ di basi a cura di Ice One. Purtroppo l’album non è esente dai soliti difetti che attanagliano il genere, anzi, se possibile ce li rende amplificati: punto primo non si capisce perché l’hip hop italiano debba essere fondamentalmente in mano a gente incazzata, anzi, a gente che dice di essere incazzata e che scrive testi incazzati. Punto secondo, perché si guarda (e si sputa) sempre nel piatto del vicino, dando la spiacevole – e comunque sicuramente poco credibile – impressione per cui a parlare è sempre il più puro dei puri, uno che alla fine – riassumendone l’arguto pensiero espresso in rima - non sa dirti altro che un generico “perché io vado avanti sempre coerente col mio stile di pensiero”? ‘Sti cazzi! Questa sì che è bella, parole chiare urlate in faccia al potere… E questo succede nella migliore delle ipotesi, perché altrimenti capita ancora di ritrovarsi di fronte a MC che – a vent’anni di distanza dalla nascita dell’hip hop – hanno ancora fiato in gola per strillare dentro a un microfono “faccio la mia cosa, mi prendo il mio spazio, io so’ della Roma, te sei de’ la Lazio… ecc. ecc. (la rima è tanto per fare un esempio, l’espressione è romana, ma la critica è nazionale; che non è che a Milano sono messi meglio)”. Ma ancora stiamo a questo!?! Ecco, ritornando al punto – che in questo caso è il disco de La Comitiva ossia di Sinigallia & co. – si sperava che almeno lui fosse immune da questi stereotipi che – è la storia che lo dimostra – da tempo non portano più da nessuna parte: e invece ecco qua un dischetto che era pure partito bene (“Sto sui miei piedi”, al di là di tutto, è un bel pezzo) e invece ben presto degenera nel predicozzo hiphopparo più generico e avvelenato: “Se tutto fosse”, “Il senso del mio viaggio”, “Giorno dopo giorno” («sarò la voce del bambino che hai seviziato/sarò la rabbia del negro che hai bruciato/sarò la disperazione del malato emarginato/ sarò lo sdegno dell’ebreo che hai insultato/sarò le lacrime dell’operaio licenziato/sarò il sangue della donna che hai violentato…sarò il nemico che tu hai voluto»: ma per piacere!!! Ma che ne sapete voi?), “Medicina buona”, “Malavita” – quest’ultima con un cameo di Franco Califano, a detta di Frankie l’unico vero iniziatore del gangster rap italiano (e su questo gli diamo ragione) – il tutto su una serie di basi che, non ce ne voglia Ice One, spesso troppo assomigliano per struttura e metrica a “Quelli che benpensano” e compagnia bella. Ora, se è vero che in questa porca vita non è che ci sia proprio da ridere, è anche vero che la collezione di testi regalataci da La Comitiva appare perfino troppo pesa e seriosa per essere credibile, e quindi finisce per diventare quasi ridicola. Con il risultato che alla fine il pezzo più bello sembra essere “Cacciala”, in mano a Truffa e almeno divertente e coatta nell’approccio. Insomma, massimo rispetto per il Sinigallia musicista, un po’ meno per l’ideologo: e tanto rispetto per l’hip hop italiano, che meriterebbe molto più di album come questo.

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